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venerdì 22 gennaio 2010

V per Vergogna

l'Editoriale


di Igor Carta.

L'obbrobriosa pantomima messa in piedi al Senato della Repubblica nominata “Commemorazione nel decennale della scomparsa di Bottino Craxi” ha schifato una fetta di italiani troppo ridotta, più ridotta di quell'esigua compagine che bersagliò di monetine il “grande statista” l'ultima volta che uscì dall' hotel Raphael. Sarà un caso che la cerimonia sia avvenuta a Palazzo Madama? Il capo di Monte Citorio aveva invece troppi, veramente troppi impegni anche per solo presenziare, o giaceva innanzi alla ritirata in preda ad un attacco di nobile nausea? Capitan Berlusca c'era eccome, ma ha preferito lasciare la parola alla sua nutrita ciurma di manigoldi, professionisti della politica revisionista come lo stesso Schifani o l'appunto innominabile Gasparri, e rinomati cavalli di razza dell'informazione come Minzolini e Mimun. Si parla del Bottino nazionale come di un “capro espiatorio”, “colui che ha pagato per tutti”, “morto in solitudine”. Qualcuno dovrebbe anche ricordarsi del ciclopico debito pubblico prodotto dal sistema di corruzione di cui Ghigno di Tacco era vertice; non sarà che Bottino ha pagato per tutti proprio per questo, dato che era colui a cui spettavano le bustarelle più sostanziose? Un debito che paghiamo ancora oggi e che ancora offre al fiero delfino Silvio un ottimo impedimento per varare le tanto acclamate riforme. Già Silvio. Quel Silvio che in sede di “discesa in campo” giustificò tale scelta con un nobile desiderio:“non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare”. Era il desiderio di tanti, di molti di noi, peccato, signor Presidente del Consiglio che dopo il primo avviso di garanzia la sua limpida acqua di facciata abbia visto la risalita della feccia dal fondale del suo discutibile passato. Lei è solo tornato nell'ovile in cui ha saporitamente gozzovigliato fino a Mani Pulite, di cui ha abilmente cavalcato l'onda mediatica per fottere gli imbecilli. Una volta può capitare, ormai siamo alla terza, evidente sintomo di delirio o meglio, lobotomizzazione di massa. E' riuscito nel suo intento, bravo, certo che il terreno fertile non le è mancato, siamo o non siamo il paese del ragionier Fantozzi, l'italiano medio per eccellenza? Era il suo desiderio, signor Presidente, prima di dare il via alla fiera del riciclo che, coinvolgendo entrambi gli schieramenti ha riesumato dagli arresti domiciliari amene personalità come De Michelis, Cirino Pomicino, De Mita, Martelli? Gente che si ripresenta palesando scuse come “ho avuto più assoluzioni che condanne”. Oh beh, pulito come il latte scremato direi, Come sempre italicamente accade pagarono solo i pesci piccoli. Chiesa, Larini, Cusani, forse Poggiolini fu l'unico pezzo grosso a entrare in galera, altri come De Lorenzo presero bellamente per il culo l'intera nazione. Il giorno in cui Di Pietro colse sul fatto Mario Chiesa, pezzo grosso del PSI milanese, riscuotere tangenti da un imprenditore, il grande statista si affrettò a definire Chiesa una “mela marcia”. “Mi definisce mela marcia? Ora vi faccio vedere il resto della pattumiera” replicò Chiesa. Il resto è storia, il parlamento che vieta l'autorizzazione a procedere, la fine del mandato e la scadenza dell'immunità parlamentare, il guardacaso tardivo sequestro del passaporto quando il grande statista era già atterrato nell'assolata Hammamet. Da latitante. Alla morte qualcuno, leggasi il premier D'Alema ebbe il coraggio di proporre esequie di Stato. Che grandi eroi la nostra nazione, Mangano, Craxi, chi altro dobbiamo aspettarci? Intanto i veri eroi, Falcone, Borsellino e rispettive scorte, Dalla Chiesa, Don Puglisi, Ambrosoli, Marco Biagi giacciono in tombe preparate per loro da chi, è evidente, è meglio non si sappia l'identità. Ai nostri politici manca un dono fondamentale, il dono della vergogna, e come diceva Nietzche, il più spregevole degli uomini è colui che è incapace di disprezzare se stesso.

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