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giovedì 16 luglio 2009

La politica dentro l'università



L’università è sempre stato il luogo per antonomasia in cui viene maturata una coscienza politica piena e completa. Per secoli è stata la fabbrica delle idee e delle proposte per la costruzione di un mondo migliore e la fucina nella quale venivano forgiati gli strumenti per attuare i cambiamenti necessari in una società obsoleta e deteriorata da un potere stantio e logoro. Il partorire nuove utopie (e l’affermazione di personalità capaci di farsi portatori di esse), è stata una delle prerogative ininterrottamente presenti all’interno delle facoltà italiane, contribuendo spesso in maniera decisiva alla crescita e allo sviluppo della democrazia nel paese.
Gli atenei hanno subito nella loro lunga storia metamorfosi complesse, passando dall’essere centro di espressione culturale e formativo a campo di battaglia sanguinoso e violento. I dibattiti e i conflitti, il verbo proferito e lo scontro fisico, il successo di un traguardo e la cocente sconfitta di una repressione hanno legittimato in modo diverso ogni tentativo di rivoluzione, dato che ogni azione e ogni parola riceveva vita da un profondo desiderio e da un inestinguibile voglia di miglioramento e progresso.
Ma come si muove la politica all’interno delle università nel terzo millennio?
Si può tranquillamente asserire che la crisi divampata in questi anni e che ha colpito ogni singolo settore della società non ha risparmiato neanche lo studio e la ricerca. Stiamo assistendo ad un evidente disfacimento dei valori che l’università ha sempre rappresentato, crollati di fronte all’infermità culturale che ha colpito lo Stato moderno.
Un tempo specchio riflettente dei mali sociali e produttrice capace di nuove generazioni di politici ambiziosi e preparati, ora l’ateneo è diventato sede minore delle fossili fazioni politiche che imperversano nello scenario istituzionale attuale. Da diversi anni ci si lamenta continuamente della presenza delle solite facce in parlamento, volti che abbiamo conosciuto già vecchi e che ora proseguono nel loro cammino di putrefazione portandosi dietro i risultati di un malgoverno che pagheranno le generazioni future. Questo avviene perché il ristagno partitico largamente diffuso in Italia si ripropone anche all’interno delle Università e delle loro rappresentanze ufficiali. Numerose liste nascono e prolificano ad ogni elezione politica universitaria, mascherandosi dietro nomi accattivanti e spiritosi senza celare però la loro natura di malriuscita estensione dei partiti nazionali. L’essere degli sterili e dei difettosi prolungamenti dell’attuale politica, viene palesemente mostrato da questi pseudo movimenti universitari nelle loro proposte: in esse riscontriamo una demagogia dilagante e delle promesse inattuabili che vanno dalla sicurezza che ci saranno meno tasse da pagare all’aumento sproporzionato del numero delle borse di studio, dagli appelli infiniti per gli esami alle migliorie degli istituti. Argomenti seri e importanti che vengono trattati in maniera leggera e di cui i candidati si servono per garantirsi un’elezione e una poltroncina nella quale comodamente sedersi. Rappresentanti, dunque, già inseriti all’interno dei gruppi politici nazionali, facenti parte di un mondo schematico, illusorio e scoraggiante alla quale nessuna alternativa pare proporsi all’orizzonte. In quale rinnovamento gerarchico delle istituzioni possiamo riporre le nostre speranze, quando le giovani leve politiche che si propongono all’interno delle università sono già espressioni di ciò che in maniera insoddisfacente permane da anni?
La situazione certo non migliora se poi diamo uno sguardo al panorama degli elettori che invadono gli atenei e le accademie italiane. In generale abbiamo due grandi categorie di votanti: una che si rassegna alla situazione presente e che vota con coscienza sapendo già che quel gesto cosi importante non condurrà a nessun risultato concreto; e una che acclama la singola figura di statista che promette, illude e della quale si conserva il “santino” elettorale nel portafoglio. Nel primo caso siamo di fronte ad una sparuta minoranza che guarda ancora ai programmi politici nella quale cerca di identificare il proprio futuro, sapendo già che ci saranno sacrifici, sofferenze e restrizioni che garantiranno però un esistenza colma di piccole soddisfazioni personali e una convinzione di aver tracciato la giusta via anche per le generazioni che verranno. Sono coloro che si preoccupano della salute del mondo, coloro che vogliono pagare le tasse sapendo che serviranno a migliorare i servizi, coloro che si attrezzano per una lunga e lentissima salita da percorrere in un intera esistenza. Nel secondo caso siamo di fronte alla maggioranza dei giovani che non sentono lo scrupolo di porre davanti agli occhi i programmi politici ma si identificano in colui che parla e abbindola nei vari comizi. Ci si esalta davanti alle ricchezze possedute e all’impero costruito da costui, si guarda con ammirazione alle furbizie usate con abilità per danneggiare gli avversari, si acclamano le destrezze e i raggiri compiuti per ottenere ciò che si vuole. Gran parte di questi votanti bramano la possibilità di ripercorre quel facile cammino attrezzandosi per una comoda discesa e sognano di diventare esattamente come colui che ha tessuto la ragnatela intorno alla loro assenza di conoscenze ed esperienze. Sono coloro che vogliono accumulare facili patrimoni, coloro che desiderano ricevere il plauso da folle oceaniche, coloro che ardono nel possedere potere e che passano davanti a mezzi leciti e meno leciti pur di conquistarlo.
Quanto dobbiamo aspettare perché venga dato spazio a coloro che intendono uscire dagli schemi di un sistema marcio e omertoso? Dove sono finiti gli ideali e i valori per la quale combattere nella speranza di un futuro migliore?
Probabilmente dopo essere stati lungamente utilizzati come bastoni per percorrere la salita della vita e puntelli con la quale scalare le rocce altissime che l’esistenza propone, sono stati abbandonati quando si è deciso di scivolare a tutta velocità nella discesa di facili promesse che l’egoismo propone come facile scorciatoia. Cosa succederà quando si scoprirà che i freni non sono stati consegnati in dotazione?


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