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giovedì 23 luglio 2009

Libertà e Uguaglianza


di Alberto Giarrizzo.

Una società democratica, che intende affermarsi sul piano della continuità storica e su quello dell’etica civile, sviluppa la propria azione intorno ai principi fondamentali dell’uguaglianza e della libertà individuale. La società che si dimostra incapace di assicurare entrambi i valori, prenderà inevitabilmente a disgregarsi, sotto la spinta avversa degli stessi cittadini, che la boicotteranno o che la abbandoneranno al suo infausto destino.
È irrealistico pensare che uguaglianza e libertà possano essere considerati valori disgiunti o da perseguire con enfasi differenti. In quanto valori fondamentali, entrambi costituiscono gli aspetti peculiari di un fenomeno unitario: la sovranità democratica. Anzi il primo valore, quello dell’uguaglianza, è l’essenziale prerequisito del secondo, poiché in ogni società potrà esserci libertà, se nella stessa si afferma anche la parità tra gli individui: nell’esercizio dei diritti e nei correlati doveri sociali. Uguaglianza significa, relativamente a ciascuno di noi, possibilità di esercitare pienamente i propri diritti e di sviluppare la propria personalità con pari dignità, senza il pericolo di alcuna discriminazione pregiudiziale. Vuol dire, anche, neutralità delle istituzioni rispetto all'esercizio dei propri doveri, senza che possano sussistere forme di distinzione sociale o di esclusione, che siano basate su presupposti di privilegio o di una imprescindibile appartenenza identitaria.
Il principio dell’uguaglianza che qui si afferma, in ogni caso, non deve essere confuso con quello dell’omologazione, che è processo di annullamento della personalità e della dignità umana, capace di ridurre gli individui in servi di un’identità “altra” e comunque imposta. Chi crede nella democrazia e, contestualmente, nella libertà dell’individuo rifiuta, a priori, una simile impostazione e questo al di là delle sovrastrutture ideologiche con cui tali aberrazioni sociali usano spesso mascherarsi.
Una società che persegue con determinazione i traguardi della libertà e dell’uguaglianza tra gli individui, sul piano sociale e sostanziale, contribuisce anche a ridurre il peso e l’effetto disgregante di spinte anarchiche e/o utilitaristiche, al cui richiamo, più o meno inconsapevolmente tutti gli individui si espongono nella ricerca di una loro incontrastata libertà. All’interno di ogni società, infatti, l’individuo esplica le proprie azioni volitive nell’ambito di una fitta rete di convenzioni sociali e di altrettanto consistenti limitazioni giuridiche, entrambe foriere di interferenze e di perturbazioni sulla sua personalissima visione del mondo. D’altro canto, quelle stesse convenzioni e limitazioni, che pongono un freno alla sua autonomia, sono tali da limitare le possibili ingerenze degli altri individui e si rendono perciò strumentali alla possibile condizione egemonica della sua visione. Una società che governa in modo squilibrato il processo di queste forze, può favorire l’attecchimento di gruppi dominanti e diventare il contesto nel quale il principio dell’uguaglianza si svuota di contenuto sostanziale. Similmente, il principio stesso della libertà individuale finisce con il ridursi ad una vuota dichiarazione di tipo formale, seppure consacrata nella Carta Costituzionale, utile ad essere richiamata nella ciclica evenienza di commemorazioni sterili e di celebrazioni storiche sempre più sbiadite nei valori evocativi. Ciò che, nelle premesse, doveva costituire il diritto di tutti, si trasforma in una condizione di puro privilegio: un lusso da riservare a una ristrettissima elite di gente fidata.
È questo il segno tangibile della nostra democrazia malata, che è schiacciata dal peso del conflitto di interessi, da un liberismo di sola facciata, da un sistema dell’informazione rigidamente controllato, da condizioni di indigenza diffusa e di bassa cultura e da una laicità di bassissimo profilo morale, perché schiava della ricerca di un consenso facile e a basso costo. In tali circostanze, come ci insegna la storia, non soltanto quella recente, attecchisce facilmente la demagogia, il populismo e, nei casi più estremi, la dittatura, poiché vengono meno inesorabilmente, fino a sparire del tutto, l’uguaglianza e la libertà degli individui.
Presso i popoli che si dichiarano democratici, anche la pubblica opinione può esercitare una singolare potenza, poiché diffonde le sue credenze imponendole e facendole penetrare nelle convinzioni di molti per mezzo di una immensa forza di persuasione: lo spirito di tutti sull'intelligenza di ognuno. La democrazia stessa può essere, quindi, veicolo e volano di conformismo e di piatta omologazione, valori antitetici a quelli da cui siamo partiti: uguaglianza e libertà. Ma questa democrazia può essere anche il mezzo con cui si modellano e si controllano le maggioranze, il terreno fertile nel quale i più abili demagoghi possono costruire la propria sorte, facendosi interpreti unici delle masse e delle loro passioni. Su questo punto, mi piace riportare testualmente ciò che ebbe a dire nel 1993 il filosofo ed epistemologo Karl Popper, per denunciare il potere della televisione nella costruzione dell’opinione pubblica: "… tutti quelli che invocano la libertà, l'indipendenza o il liberalismo per dire che non si possono introdurre delle limitazioni in un potere pericoloso come quello della televisione, sono degli idioti", e ciò che ebbe a dire Alexis de Toqueville sullo stesso tema: “L’opinione comune ha presso i popoli che vivono in democrazia un potere infinitamente più grande che presso tutti gli altri. Nei tempi di eguaglianza, infatti, a causa della reciproca somiglianza, perché tutti sono uguali, gli uomini hanno una fiducia quasi illimitata nell'opinione pubblica e non sembra loro verosimile che la verità non si trovi dalla parte della maggioranza".
Di fronte a tali considerazioni, qual è la migliore strategia da adottare per scongiurare l’insorgenza di fenomeni così perversi e perniciosi per i principi fondamentali dell'uguaglianza e della libertà? Quali devono essere i punti su cui l’azione politica deve orientarsi e convergere, per assicurare la pari dignità tra i cittadini? Sono quesiti a mio giudizio basilari, sui quali, come a me sembra, la riflessione politica e il confronto dialettico sembrano essere drammaticamente stagnanti e sui quali, mi auguro, si riesca a tornare presto a discutere, per il bene e per il futuro della nostra collettività.


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