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giovedì 1 ottobre 2009

“Fahrenheit 451”: la profezia di Trouffaut

Seconda pagina - Focus


di Ettore Gallo.

“Fahrenheit 451” è un film del 1966 diretto da François Trouffaut e tratto dall’omonimo libro di Ray Bradbury. La narrazione è ambientata in un tempo e in uno spazi indefinito: sembrerebbe un futuro remoto, ma nel film vi sono elementi rievocanti un altrettanto remoto passato. In questo ipotetico futuro i pompieri, piuttosto che spegnere gli incendi, bruciano i libri, simbolo di sovversione al Potere. Fra questi pompieri il più solerte è Montag, che però comincia lentamente a ribellarsi al sistema dopo aver conosciuto Clarisse, un insegnante alternativa.

Il film predice fantapoliticamente una società futura piatta, in cui il Potere omologa tutti i suoi abitanti attraverso il mezzo televisivo ed espelle dal sistema tutti coloro che si distinguono dalla massa. “Fahrenheit 451”, al pari di “1984” di G. Orwell, descrive un futuro che sarebbe potuto sembrare remotissimo negli anni ’60, ma, vedendolo nel 2009, potrebbe benissimo essere una dissacrante visione geopolitica del Mondo fra qualche decennio. Nel Mondo odierno, infatti, seppur non si sia ancora arrivati all’assurdo di bruciare i libri, i metodi di omologazione sono gli stessi di “Fahrenheit 451”: lo strapotere mediatico assunto dai mass media e l’idea di avversione alla cultura che questi suscitano nel popolo.

Basti pensare ad un evento che tutti noi abbiamo sotto gli occhi: l’aspirazione omologatrice dei reality show che, cercando di dimostrare al pubblico che è inutile studiare e perdere tempo sui libri, ma che, per aver successo nella vita bisogna solamente fare le/gli sgallettate/i in una casa video sorvegliata o su un’isola “deserta”. Aspetto questo già predetto da Trouffaut che nel film fa rientrare i telespettatori in un enorme schema omologatore detto “la grande famiglia” e chiama i presentatori televisivi con l’appellativo di cugino/a (es. “la cugina Marie”).

Personaggio molto interessante nel film è Linda, la moglie di Montag; Linda, infatti, rappresenta in modo lampante il prodotto di questa società piatta: è un automa che vive solo di televisione e pillole calmanti, non nutre nessun interesse all’infuori dello schermo televisivo, non ha un minimo di elasticità mentale e i suoi nervi non reggono ai sintomi di ribellione manifestati da Montag. Il protagonista, invece, agisce come dovrebbe agire tutta la classe media, nel film così come nel Mondo reale: prende coscienza del nulla in cui è sprofondato il Globo e fa rinascere in lui i semi della ribellione che si erano assopiti da molto tempo e a poco a poco si sviluppa in lui un deciso “NO” al Mondo che lo circonda: no al Potere, no all’omologazione, no alla televisione. Ricomincia a credere in una società migliore, dove regnino la pace e l’uomo possa essere davvero libero. Montag capisce che la vera libertà passa attraverso la Conoscenza, la quale però può diffondersi solo attraverso i libri (naturalmente proibiti!).

Così comincia a leggere, rievocando in lui una sorta d’istinto primordiale che non credeva più possedere. Ma, attraverso diversi avvenimenti, il “ribelle” Montag viene espulso dalla società e si rifugia nel piccolo mondo degli uomini-libro, dove gli abitanti imparano ciascuno un libro a memoria, così da poter trasmettere la loro conoscenza quando il Mondo finalmente cambierà. Trouffaut offre un finale agrodolce che, tuttavia, comunica un grande messaggio d’ottimismo: ritornerà un Mondo in cui l’uomo sarà finalmente libero in quanto saggio, in cui il Potere non annichilisce le menti pensanti; arriverà un Mondo in cui gli uomini sapranno ribellarsi al sistema di cui fanno parte.

Fra quanti anni non è dato saperlo, ma il ribelle Trouffaut, attraverso l’altrettanto ribelle Montag, è sicuro che ciò, prima o poi, accadrà…


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