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venerdì 16 ottobre 2009

Ronde

l'Editoriale



Ancora quelle sottili analogie col passato: l'approvazione del decreto legge sulle ronde, anzi, meglio trovare subito un turpiloquio adatto, così, giusto per non chiamarle ronde, che il ministro Maroni si incazza! Fino a poco tempo fa chi diceva che il regno del nano era l'anticamera della dittatura era preso per pazzo. Ora non più. Comunque l'istituzione di queste associazioni di volontariato (l'ennesima, un tal fiorire mi ha fatto più volte sospettare che la linea tra volontariato e secondo impiego sia più sottile di quel che sembri) con compiti, questa poi, di ordine pubblico, sia un sintomo davvero preoccupante, come ha già scritto Marco Canestrari. Il grande governo della sicurezza che istituisce ronde di cittadini e mette i soldati in città...però...davvero il governo dei fatti. Qualcuno già insinua che il loro dispiegamento serva a proteggere le istituzioni dai cittadini, nella remota possibilità che si sveglino. Peccato che allo stesso tempo, parlo della mia zona, l'hinterland di Cagliari, Polizia e Carabinieri facciano i conti con carenze di mezzi e personale mai viste prima. Volanti vecchie e a corto di carburante, personale contato per mancanza di assunzioni, e sì che a guardare le cifre di affluenza ai concorsi direi che i candidati non mancano, i fondi per formarli e stipendiarli, tutti questi papabili tutori dell'ordine, quelli sì. Sul fronte Vigili del Fuoco poi siamo al disastro (possiedo una fonte interna). Tre squadre (15 uomini), per tutto l'emiciclo che da Cagliari si estende verso Iglesias, passa per Sanluri fino a Muravera, mezzi che sembrano nuovi ma che sono in realtà solo riverniciati, età minima 5 anni, serbatoi riforniti con gasolio acquistato mediante cambiali. Eppure guardate con quanta fierezza aspettiamo la parata del due giugno, io ormai la definisco da tempo “l'occasione in cui si mostra alla gente tutto ciò che i Corpi dello stato non hanno”. Non é una novità, già ai tempi del fascismo si organizzavano tali ridicole dimostrazioni di armamenti sì posseduti ma in quantità molto più modesta di quanto sembrava. Forse la sciagurata decisione di entrare in guerra nel 1940 la dobbiamo in buona parte agli inetti alti comandi militari. Grassi generali che presero dal fascismo potere e onoreficenze per poi disfarsene alla prima occasione. Chi di noi non ha mai sentito le barzellette (leggasi umorismo macabro) sui soldati italiani con le scarpe di cartone, lo stesso cartone usato per sagome a forma di carro armato, gli aerei spostati da una base all'altra a seconda delle occasioni! Tornando alle ronde però, mi chiedo solo se avrò la fortuna di vedere un tal grottesco spettacolo dalle mie parti. Già me la sono immaginata un'ipotetica formazione, con diversi pensionati orfani di cantieri stradali, qualche giovincello sovrappeso con trascorsi nell'azione cattolica.
Is scimprottusu de sa bidda (gli scemotti del villaggio) per dirla a modo nostro. Su L'Espresso é già partita la campagna al “vilipendio scherzoso” di tal nuova istituzione, che tanto nuova poi non é! Vi regalo una perla:
ricordo diverso tempo fa i racconti sul periodo fascista, uno in particolare mi affascinò non poco. Un collega geometra, già direttore del Catasto, un'arzillo vecchietto che fino alla morte (89 anni) scorrazzava felice in campagna con strumento topografico in spalla; mi raccontò del padre, uomo ombroso e di carattere, seduto al bar del paese, tranquillo, caffé in mano. Al periodo era consuetudine che i militanti frequentanti le sedi del PNF uscissero in gruppo dalle sezioni muniti di labari e dell'immancabile camicia nera, per raccogliere il (dovuto) saluto della cittadinanza. Pare che i più fanatici frequentatori di tali ritrovi non brillassero per particolari qualità, altra analogia! L'usuale (all'epoca) corteo passò davanti al bar, i cui avventori si precipitarono in strada per il saluto, tutti tranne quest'uomo che ignorò bellamente il corteo, dal quale due componenti si avvidero del mancato omaggio! Uscirono dal corteo ed entrarono con fare minaccioso nel bar. Dapprima insultarono poi presero a minacciare l'uomo, il quale al tentativo dei due di prenderlo di peso si abbandonò a un pestaggio unilaterale al punto da non venir mai più importunato da nessuno per il resto della sua vita. Certo, in Sardegna lo squadrismo non raggiunse mai la virulenza registrata in regioni come Toscana o Emilia, ma sarebbe bastato un uomo del genere in ogni paesino d'Italia per fare cibo per gatti della terribile dittatura fascista. Ma l'italiota lo conosciamo bene, meglio cercare la tranquillità al servizio del padrone di turno, che l'effimera ma per molti poco salutare gloria del sentirsi liberi. Col fiorire di attacchi copiosi e scontri istituzionali accesi dallo psiconano, preso da angoscia tale dal vedere orde di comunisti piombare dal cielo sulla sua linda persona, rischiamo di perdere in questo vortice tutte quelle carinerie che immancabilmente, a ogni intervista, dichiarazione e commento ci regala con promiscuità. Ormai tra minorenni, escort, comunisti, toghe rosse, farabutti, utilizzatori finali, c'è di che campare, per gionalisti e comici, per un bel po' di tempo. Lo dissi già al tempo del famigerato “Presidente operaio”; una boiata senza quartiere che mi fece sospettare della mole di problemi che affligge il nano, oppure della sua incapacità di reclutare collaboratori capaci di porre freni alla sua voglia di strafare. Senza andare lontano, la stessa presenza dei suoi capacissimi legali, tutti e tre, al dibattito preliminare davanti alla Consulta che si apprestava a giudicare il Lodo Alfano, e a succesiva bocciatura, gli strali lanciati contro la magistratura intera “riformeremo la giustizia!” , contro quel Presidente della Repubblica così in gamba nello scontentare tutti, sono o non sono sintomi di un preoccupante delirio, tre autogol di un enorme valenza politica, che ne sarebbe bastato mezzo per cancellare la carriera politica di chiunque? Chiunque, ma c'è qualcuno che è diversamente chiunque!

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