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venerdì 22 gennaio 2010

C'è mafia e mafia - statistiche di una società collusa

Seconda pagina - Cronaca


di Nuccio Cantelmi.

Non mi piace parlare di mafia. E' come parlare del sesso degli angeli. Soprattutto nell'accezione misericordiosa dell'uomo della strada (che è poi la stessa del giornalismo mainstream), che vuole una netta separazione tra i criminali e l'uomo onesto. Spesso di osanna placidamente quel 99% di gente onesta che vive nelle realtà depresse del meridione, puntando il dito sul residuo 1% di cattivoni renitenti.
Io mi chiedo: è davvero così? E' davvero così netta la distinzione tra crimine e onestà?
Secondo me no!
Mafia non è la struttura organizzata in forma piramidale che ci insegnano serie tv come la Piovra o Il capo dei capi.
Mafia è cultura del menefotto, del chissenefrega. Mafia è trama del qualunquismo, dell'individualismo. Mafia si insinua come un dato di fatto in qualsiasi discorso o gesto quotidiano.
Chiedere lavoro ad un politico, pretendere l'annullamento di una multa legittima ad un amico, il favore al consigliere comunale per quietare una bega, buttare la cicca della sigaretta a terra, parcheggiare dove capita, il favore per la visita ospedaliera, la raccomandazione per un diritto già acquisito....
Non so se questa è Mafia, almeno nel comune intendimento del termine, ma per me questo è il terreno di coltura della mentalità mafiosa.
Come potrebbe l'1% della popolazione dominare sul restante 99% senza una implicita connivenza o convenienza?
E' davvero credibile che un paio di brutti ceffi con coppola e lupara possa assoggettare la maggioranza della popolazione onesta?
Troppo semplice. Come è semplice prendersela con il governo ladro quando piove. Semplicemente, troppo semplice.
Per questo, difficilmente parlo di mafia. Perché nn credo, perché io vedo.
Vedo persone strafottenti che lasciano la propria autovettura davanti all'ufficio pubblico o la farmacia, quasi siano ammantati del diritto divino di occupare quel suolo, quasi lo spazio sia ad essi riservato per decreto papale.
Vedo persone che ghignano sardoniche quando sono in fila, quando devono presentare un'istanza.
Sento quanto sia semplice muoversi nelle zone grigie della politichina del quartiere, quanto sia comodo avere certi amici o conoscere "qualcuno".
Dove si annida, dunque, la mafia? Nei palazzi, negli uffici, nelle banche.
Ma la cultura mafiosa, invece, cresce nelle strade, si alimenta della nostra ignoranza, del nostro menefreghismo, della strafottenza.
Ecco che improvvisamente le percentuali si ribaltano.
L'un per cento è composto dalla criminalità incallita, quella che spaccia, uccide, trucca gli appalti, occupa poltrone, prepara leggi e leggine...
Una fetta pari al novanta per cento, è la società silenziosa, quella che tace, che ha convenienza. E' la società dei furbetti, dei cialtroni, degli approfittatori spiccioli, di coloro che non partecipano ma che beneficiano delle briciole della mangianza istituzionale.
Ecco che la percentuale degli onesti si riduce di tanto.
Eppure, siamo sempre pronti a metterci nel gruppo dei buoni, nel dire che lo sporco sta dall'altra parte, nell'un percento di cattivi. Siamo sempre pronti ad assolverci, la colpa è sempre altrove.

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