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martedì 8 giugno 2010

La civiltà Maya rivista dal cielo

Focus
Arlen e Diane Chase avevano impiegato venticinque anni per farsi largo nella vegetazione e realizzare una mappa, seppure dettagliata, di ventitré chilometri quadrati di Caracol, antica città maya nel territorio del Belize e nei secoli interamente ricoperta dalla giungla. Ma per finire l’opera ai due archeologi statunitensi sono invece bastate appena ventiquattro ore. Merito di un’intuizione che probabilmente farà scuola nell’archeologia. I Chase hanno infatti applicato un’apparecchiatura laser sviluppata dalla Nasa e chiamata LiDaR (Light Detection and Ranging) a un elicottero, e con questo hanno sorvolato circa duecento chilometri quadrati, che ora sappiamo costituire per intero il complesso archeologico. Dalla mappatura in tre dimensioni sono emersi un sistema stradale composto da decine di viali selciati, migliaia di nuove strutture, e appezzamenti agricoli a terrazze.

Le immagini erano state scattate durante la stagione secca, e in tutto le ore necessarie per realizzare fotografie che coprissero l’intero sito erano state ventiquattro; poi l’ulteriore rielaborazione e analisi era durata circa un mese. Il risultato è quello di una topografia praticamente completa e senza foresta pluviale: la carta dimostra tra gli altri l’integrazione dei gruppi residenziali e l’architettura monumentale, suggerendo anche il sistema di comunicazione e sussistenza dell’antica città, che nel settimo secolo si stima avesse una popolazione di oltre centomila abitanti. Così il Caracol Archaeological Project, che ha visto i coniugi lavorare assieme per un quarto di secolo, può dirsi prossimo al completamento.

L’utilizzo della tecnologia LiDaR per la prospezione aerea si deve a un biologo, John Weishampel, che prese a sfruttare le peculiarità del laser circa cinque anni fa per studiare foreste e vegetazioni. Il sensore, che scandaglia il terreno muovendosi da destra a sinistra come una sorta di scanner, telerileva la distanza di un oggetto o di una superficie utilizzando un impulso laser esattamente come il radar; solo che, a differenza di questo, al posto della luce utilizza onde radio determinando la distanza dell’oggetto attraverso la misurazione del tempo trascorso fra l’emissione dell’impulso e la ricezione del segnale retrodiffuso. Finora aveva avuto applicazioni in sismologia, geologia, e fisica dell’atmosfera; ma mai in archeologia. Quello dei Chase è il primo utilizzo del LiDaR per la scoperta di civiltà sepolte, al quale ha dato un impulso fondamentale lo stesso Weishampel. E visti i risultati, non sarà probabilmente l’ultimo.

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