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lunedì 27 settembre 2010

Dialogo con una bella signora


di Lagrandefame

Geremia Malsano esce dal bagno e si dirige in salotto. Seduta elegantemente sul divano vi trova una donna che fuma assorta una sigaretta. L'uomo si ferma soltanto un attimo a guardarla, poi va spedito verso l'angolo del bar. Versa del rum in due bicchieri. In sottofondo suonano le canzoni malinconiche di Anthony and the Johnson.

- Non mi sembri sorpreso.
- Dovrei esserlo?
- Mi hai già riconosciuta?
- Sei la mia solitudine, come potrei non riconoscerti? Tieni, bevi qualcosa con me.
- Sono anche una donna.
- Fisicamente non sei niente. Sono io che voglio che tu sia una donna, almeno stasera.
- Quindi potrei essere anche un cane.
- Assolutamente.
- Vuoi che mi trasformi in un cane?
- Nient'affatto, non questa sera.
- Hai bisogno di una donna?
- Ho bisogno di una forma.
- Di una bella forma. Devo dedurre che hai voluto che questa sera la solitudine assumesse sembianze più gentili, vero?
- Deduzione esatta.
- Sei tu che decidi come io debba apparire?
- Il più delle volte è così ma capita che io non abbia nessun potere su di te. Per esempio è successo ieri.
- Che è successo?
- Non ricordi?
- Io non ricordo mai.
- Perché ora sei una donna.
- E' una battuta di pessimo gusto. Lascia perdere i tuoi rancori e dimmi cos'è successo ieri.
- Sei piombata nel momento in cui stavo per addormentarmi.
- Cos'ero?
- Eri una sorta di scossa elettrica, molto potente. Mi sono destato di colpo, in totale stato di shock.
- E' stata una volta sola?
- Una ventina di volte. Nel momento in cui sembrava assorbirmi il sonno tu mi destavi di colpo con quelle cazzo di scosse elettriche. Questo significa che ho perso almeno tre ore di sonno naturale.
- E ora sei stanco?
- Sì, sono stanco.
- Ti è capitato altre volte?
- Mi capita tutte le notti. Ormai li chiamo "terrori notturni". Mi sento esausto, potrei impazzire improvvisamente.
- Sei proprio convinto che tu non abbia voluto questo?
- Che significa?
- Significa che la prima volta effettivamente sono venuta di proposito a disturbarti il sonno e poi…
- E poi che?
- Non ti alterare tesorino. Voglio dire che tu stesso, inconsciamente, mi hai chiamata a te.
- Non credo proprio.
- Se non è stata la seconda, è stata la terza volta. Le statistiche parlano chiaro.
- Che statistiche? Che minchiate vai dicendo? Io non desidero affatto avere il sonno disturbato e…
- Alt! Io non vengo certo per tuo piacere amoruccio mio. Dico solo che dopo un po’, assuefatto da una condizione seppur sgradevole, mi chiami, invochi il mio nome, come se soltanto io possa permettermi di entrare nella tua vita in quel preciso istante.
- Le paranoie chiamano altre paranoie?
- Nel tuo stato le paranoie e affini vengono assorbite come droghe.
- Il male chiama altro male, non è così?
- Diciamo che è così. Diciamo che non è sbagliato quello che dici.
- Tieni, bevi un altro bicchiere.
- D'accordo.
- Sai, sono drogato di pippe mentali.
- Tu sei drogato di pippe in generale, amichetto caro.
- Non mi masturbo per piacere.
- Lo so. Ti masturbi per avere un'attività.
- Non solo per quello.
- Certo. Lo fai anche per pensare a qualcuno, per dare alla tua mente la possibilità d'invitare un po’ di umanità nel tuo immaginario nei momenti più cupi. Ma sta' attento piccolo mio: se continui a non vedere nessuno finirai col pensare a tua sorella quando ti spari una sega.
- Non succederà mai!
- Sei sulla buona strada.
- Io la stroncherò la solitudine…Io ti schiaccerò!
- Ah sì? Te lo auguro pesciolino caro.
- La prenderò a calci nel culo, vedrai.
- Vuoi prendere me a calci nel culo?
- Sì, te…Cioè, no. Volevo dire la solitudine. Forse domani, tra una settimana.
- Vuoi ancora solitudine?
- No che non la voglio! Che cazzo di domanda è questa?
- Non la vuoi, d'accordo. Però ormai è come se non ti dispiacesse passare le serate in sua compagnia.
- Perché ridi? Non ridere! E fatti un altro rum.
- Volentieri, da' qua. Ehi, vogliamo cambiare musica? Questa è ammosciante, non trovi?
- Decido io quando cambiare musica…Continui a ridere?
- Scusa, è che sei curioso. Prima eri malinconico, ora sei incazzoso. Dopo come sarai?
- Ubriaco, immagino.
- Di' un po’: cosa sono io per te?
- Cosa vuoi, una dichiarazione d'amore?
- Non essere idiota. Hai capito la domanda.
- Vedi, io…è che…Vuoi sapere come mi sento ora insieme a te, cioè insieme alla mia solitudine?
- Anche.
- Ecco io…Io ora mi sento pieno di rancore verso persone che non vedo da mesi e che adesso, e dico adesso, vorrei averle qui davanti a me per…per esplodere. Poi, tra un'ora, sprofonderò nella malinconia più totale, mi struggerò…
- Verso quelle stesse persone, vero?
- Sì, è così…
- Vuoi dirmi cosa sono io per te?
- Vuoi saperlo? Bè, ecco…insomma…
- Sì?
- Tu sei malinconia rabbia noia insonnia lacrime grida…e sei silenzio paranoia fissazione delirio…e sei…
- Cosa sono?
- Struggimento dolore frustrazione sfiducia e poi odio oppressione illusione…
- E ancora?
- E sei anche rum vino vodka masturbazione-meccanica ansia immensa-tristezza "voglia di vivere stringimi forte" angoscia allucinazione ipocondria e…
- Sono tutto ciò? -.
- Sei la solitudine. Tu sei la mia solitudine, e io sto parlando con te, il che vuol dire che sto parlando praticamente con me stesso. Non è forse così?
- E' così, ma hai immaginato che la solitudine somigliasse ad una donna, ed ora stai parlando con una donna. La solitudine è fantasia.
- Può essere, ma io non ne posso più. Voglio la realtà.
- Ma è questa la realtà cucciolotto mio. Un piatto di pura realtà con contorno di fantasia.
- E' una realtà atroce.
- Bè, nessuno ha mai detto che la solitudine è frizzi e lazzi.
- Sto soffrendo.
- Lo vedo.
- Di notte mi si stringe il petto.
- E vorresti urlare.
- Sì ma so che non ci riuscirei, ne uscirebbe un gridolino strozzato.
- Un vero strazio.
- Anche le mie lacrime è come se fossero…aride.
- Non riesci ad esplodere.
- Mi illudo sempre di parlare con qualcuno.
- E di stare con qualcuno. Lo so caro mio.
- Mi sento abbattuto. Potrei accasciarmi a terra da un momento all'altro e morire sfinito, col cuore a brandelli.
- Cosa vorresti ora?
- Vorrei…Vorrei avere qui tutte quelle persone che ho perso e tutto ciò che ho perso.
- La solitudine è una creatura dei tuoi errori.
- Lo so benissimo, non c'è bisogno che me lo rispiattelli così spietatamente.
- Non sono spietata, sono realista. Non vengo mai per caso.
- Sono stato abbandonato…da tutti.
- L'hai voluto tu che tutti ti abbandonassero.
- Nessuno vuole vedermi in questo stato.
- Non è per cattiveria. Hanno paura.
- Paura?
- Sanno perfettamente quello che hai ma crepano dal terrore di vederla. Non vogliono saperne.
- E' come se fossi un mostro.
- Non sei tu ad essere un mostro. Ne indossi soltanto la maschera.
- Voglio uscire da questa condizione.
- Ma davvero!
- Voglio che tu te ne vada.
- Mi licenzi?
- Ti sbatto fuori a calci nel culo, se voglio.
- Non si tratta così una gentildonna.
- Tu non sei una donna. E se anche lo fossi…bè, peggio ancora ti tratterei.
- Rancore? Frustrazione? Ma che t'hanno fatto le donne?
- Le donne? Le donne…le donne…
- Le donne t'hanno lasciato fallituccio mio, e ora inveisci contro di loro, ma in realtà muori dalla voglia di rivederle e di piangere teneramente sulle loro spalle e di farti miseramente compatire. La solitudine è anche questo.
- E gli amici? Dove sono gli amici?
- Eh già, dove li hai lasciati? Qual è stato l'errore fatale?
- La mattina vado al fiume e penso a loro.
- E ti illudi che loro pensino a te.
- Nell'acqua vedo tutti quei volti.
- La solitudine è la dissolvenza della moltitudine, mio caro.
- Sì, deve essere così. Migliaia di particelle che svaniscono, che si staccano da te e ti senti impotente, debole, debilitato. Alla fine resta soltanto una particella. La guardi e ti accorgi che ha il tumore.
- Siamo drastici eh?
- Cosa credi, che non abbia mai pensato al suicidio?
- Come no! Immagino già le pippe mentali sul funerale, sulla canzone appropriata, sulle reazioni degli amici, delle ex amanti. "Poveretto, s'è suicidato. E noi che l'abbiamo trattato sempre come uno straccio!". E magari non avranno più un uomo per il resto della loro vita perché divorate dal rimorso. Non è cosi?
- Vaneggi più di me.
- E poi come non pensare alle ricorrenze postume: un bel festival delle cazzate in tuo onore…
- Tu mi prendi per il culo.
- La solitudine è anche irrisione tesoruccio mio. Il mio compito è portarti all'esasperazione.
- Io sono già esasperato.
- Tu sei alla frutta. Quanto rum hai bevuto?
- Tanto, troppo. E' da stamattina che ne bevo.
- Non ce la fai più.
- E' evidente, signora solitudine. Sono allo stremo. La sofferenza mi spacca in due.
- Dammi quel bicchiere.
- Sì, ecco…Ma perché?
- Vuoi vedere una cosa?
- Tira fuori.
- Eccola.
- Che cazzo è?
- E' una pistola.
- Una pistola!? E che cazzo vuoi farci? Vuoi ammazzarmi?
- Bè, sono io che ti porto alla morte ma sei tu che devi farlo.
- Io non voglio spararmi!
- Vuoi buttarti dalla finestra? Siamo al secondo piano, ti faresti solo molto male, ti spezzeresti la spina dorsale, finiresti su una sedia a rotelle…e non potresti nemmeno farti più una sega.
- Vattene via! Mostro!
- Vuoi morire alcolizzato? Naaaa, ci vorrebbe ancora troppo tempo.
- Morirò nel mio fiume, ma non stasera, capito? E tu non dovrai esserci, chiaro?
- Non dire cretinate, io ci sarò comunque, sarò un albero che guarderai con le lacrime agli occhi. To’, prendi questa cazzo di pistola e ficcati una pallottola in testa. Da bravo, su!
- Io non voglio.
- Stai piangendo.
- Voglio vedere Giulia, Guendalina, Ercole, Elsa. Rivoglio la vita di qualche tempo fa…
- Non è più possibile.
- Allora voglio una nuova vita.
- Non hai la forza per farlo, non l'avrai mai più. Hai perso fallituccio mio. La solitudine è sconfitta. Non lasciare cadere la pistola, eh?
- Voglio telefonare a mia madre.
- Per dirle cosa, che stai per ammazzarti? A proposito, vuoi lasciare qualche messaggio?
- No.
- Una lettera?
- No. Morirò così, senza significato.
- Mi dispiace.
- Non ti dispiace.
- Vuoi un bacio?
- Rifiuto.
- Una fellatio?
- Rifiuto ancora.
- Su, portati questo cazzo d'arnese alla tempia…Ecco, così…
- La mia morte è un libro di amari ricordi.
- Non dire stronzate. Sei ubriaco. Aspetta che m'allontano, eh?
- Perdonatemi tutti. Perché io vi perdono tutti.
- Cazzo, concentrati!
- Muoio solo. Risorgerò solo? Ma risorgerò?
- Spara, cazzone!
- Addio stronz…

Geremia Malsano, il piccolo uomo, s'accascia al suolo, rovinosamente. Signora Solitudine s'avvicina lentamente al corpo. S'accovaccia, si piega sulle sue gambe, e lo vede. Geremia ha già gli occhi chiusi e un sorriso ubriaco disegnato sul volto. Signora Solitudine prima accarezza i suoi capelli umidicci per il sangue poi, chinatasi ancor di più verso il corpo, bacia dolcemente quel sorriso scolpito nel viso. Infine, con le lacrime agli occhi, sparisce. In sottofondo suonano ancora le malinconiche canzoni di Anthony and the Johnson.

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