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mercoledì 11 marzo 2009

La violenza e il gruppo


di Alfredo Sgarlato.

La costruzione di gruppi è un comportamento tipico della razza umana, che essendo costituzionalmente debole ha bisogno di riunirsi per raggiungere i propri scopi. Le motivazioni che portano al formarsi di un gruppo, come ha notato il grande psicoanalista Wilfred Bion, sono sostanzialmente tre: il perseguire un risultato comune (per ex. gruppi di lavoro), l’adorazione di uno stesso idolo (dalle religioni ai fans club) e la difesa da un nemico. Le prime due spesso non sono sufficienti a superare le differenze individuali che possono portare contrasti, per cui il gruppo per sopravvivere diventa paranoico, di conseguenza o individua dei nemici interni da espellere o si trasforma in un gruppo del terzo tipo, come avviene nel caso degli ultras, che da adoratori di una squadra diventano nemici di un’altra, e tutti nemici della polizia.




Inoltre il gruppo veicola l’aggressività, per cui se è formato da persone con tendenze distruttive, non è in grado di attenuarle ma anzi le aumenta. L’aggressività è in parte connaturata alla specie umana, ma è in gran parte derivante da frustrazioni provate a livello individuale e sociale, specialmente nell’infanzia e nell’adolescenza, fase in cui l’esplosione delle pulsioni, legata all’incapacità dell’ Io di controllarle adeguatamente, comporta un aumento dell’energia psichica.

Il gruppo funge poi da catalizzatore per caratteri disturbati, sostituendosi alle figure di riferimento, genitori, insegnanti, autorità, che sono svalutate nella loro funzione di guida. Il gruppo funziona così da Super-Io (coscienza morale) collettivo. Negli adolescenti, il processo di formazione dell’identità comporta inevitabilmente un distacco dalla famiglia e l’identificazione con i coetanei. È comprensibile come associazioni come i fan club dei musicisti o gli ultras risultino particolarmente attraenti per le loro caratteristiche di organizzazione e pseudotrasgressione.

Nel caso degli ultras calcistici lo sbocco verso la violenza è incrementato poi dalla strumentalizzazione da parte di movimenti politici estremisti, quasi sempre neofascisti (in serie A solo il Livorno fa eccezione), stigmatizzati solo a parole ma in realtà ampiamente tollerati dall’opinione pubblica (e protetti dalle alte sfere).

Non credo che la società contemporanea sia più violenta che in passato; se lo è dipende dal nuovo aumento della povertà e dal fatto che in passato i comportamenti violenti potevano essere incanalati istituzionalmente nella guerra e nella persecuzione delle minoranze sgradite. Con questo non intendo dire che si stava meglio quando si stava peggio, mi limito a constatare come la strada del progresso sia ancora molto lunga.


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