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venerdì 16 ottobre 2009

Internet & il diritto degli autori squattrinati

Seconda pagina - Focus



Quando ho creato "INGRESSO LIBERTARIO" ho ritenuto importante sottolineare nella premessa che è uno spazio online messo a disposizione di tutti. Ma fin qui nulla di nuovo perché mi si potrebbe obiettare che esistono migliaia di spazi online messi a disposizione di tutti (spazi web, blog, progetti wiki, ecc.), ma quanti di questi però professano la “rinuncia ai diritti d’autore” in maniera attiva e consapevole, vale a dire come libera scelta?!

In genere la rinuncia ai diritti d’autore viene imposta dagli altri come “condicio sine qua non” per poter essere incluso in una pubblicazione, o per poter ad esempio rappresentare pubblicamente e a pagamento un proprio spettacolo teatrale, di cui si è autori, qualora non si fosse iscritti alla SIAE per la tutela dei propri diritti.

Magari qualcun altro potrebbe obiettarmi che io non posso dichiarare di pubblico dominio la mia pagina di utente di una wiki (anarchopedia) che a sua volta è sotto la licenza GNU piuttosto che Copyzero. Ma io sono anarchico individualista e faccio a modo mio: potrei a costui/ei contestare a mia volta che non si può essere veramente anarchici sotto una regola che non sia stata anche da me condivisa ed io questa regola non la condivido.

Ma ritorniamo al nostro caro diritto d’autore: che senso avrebbe quindi “rinunciare al diritto d’autore” nella nostra società? Ma soprattutto, ai fini del contesto anarchico, che valore assumerebbe questo atto di rinuncia?

Come prima osservazione dico subito che il diritto d’autore è una cosa legale e come tale fa rima con cagare.

Poi, considerato che il diritto “morale” d’autore non verrebbe minimamente intaccato dalla rinuncia, perché diritto irrinunciabile (non vedo come potrebbe essere altrimenti se un’opera è firmata fosse anche da un nickname), verrebbe di fatto a mancare solo la tutela dei diritti “patrimoniali” sull’opera: in sostanza, secondo me, verrebbe tolto solo il marcio.

In altre parole la dichiarazione di rinuncia ai diritti d’autore equivarrebbe a dire “io dono al pubblico dominio il mio lavoro, di cui rimango pur sempre l’autore, (quindi l’individualità è salvata) ma rinuncio (e aggiungo io volentieri), per principio, a ricavarci qualsivoglia utile”.

Il gesto assume quindi un alto valore morale in una società come la nostra, in cui si tende a mercificare tutto ad ogni costo e sarebbe quanto mai auspicabile per ridare freschezza, originalità e spontaneità soprattutto al mondo delle creazioni artistico letterarie oramai irrimediabilmente scaduto nel miasmatico mercato delle leggi economiche.

Ma il lavoro intellettuale retribuito, come si sa, è cosa utile e irrinunciabile, però la speculazione che se ne è sempre fatta di esso è sicuramente cosa disdicevole e da combattere!

In secondo luogo rinunciare al diritto d’autore vorrebbe dire, almeno per un anarchico come me, sancire il principio che la cultura, frutto della creatività delle genti, dai loro rapporti e dal loro libero scambio, è per sua natura libera e non mercificabile proprio come l’aria, l’acqua, il sole, il mare, il sesso e tutti i beni di sussistenza, pur consapevole che esistono dei costi fissi che la propagazione della cultura esige, ma che non ha nulla a che vedere con gli ingenti profitti che una certa tendenza d’élite mira a ricavare dal proprio operato.

Con l’avvento del copyleft e delle varie e innumerevoli licenze, si è fatto un grosso passo avanti sulla diffusione della cultura, ma in realtà tale progresso è confinato all’“etereo” mondo di internet e, se vogliamo, fa in pratica da sostegno e propaganda per l’editoria tradizionale.

Le varie licenze copyleft che circolano su internet tendono tutte sostanzialmente a rendere più visibile l’autore garantendo che il diritto d’autore in termini patrimoniali sia allo stesso tempo tutelato e perpetrato.

Si fa un gran parlare sul rispetto dei diritti d’autore (copyright o copyleft dir si voglia), dei vari internettiani e si intentano migliaia di cause nei confronti dei downloader illegali di materiale protetto da copyright, ma nessuno purtroppo ha notato un piccolo ma sostanziale dettaglio e cioè che la telefonia è cambiata con l’avvento di internet, passando da servizio di semplice comunicazione da privato a privato del tradizionale telefono, laddove nessun diritto di pubblicazione veniva violato, a vero e proprio spettacolo pubblico di paganti il canone e l’abbonamento con l’avvento di internet, per il quale bisognerebbe corrispondere i relativi diritti d’autore agli aventi diritto (scusate il gioco di parole).

E allora la TELECOM o chi per esso, che non è più azienda o ente statale e che si fa pagare un prezzo, per nulla irrisorio, per fornire il servizio internet in quanto proprietaria della rete, li paga a sua volta i diritti d’autore a tutti quelli che pubblicano in internet?!

Di sicuro nessuno di questi autori ha fatto mai la rinuncia ai relativi diritti… tranne me ovviamente e pochi altri. E questo della TELECOM allora come lo vogliamo definire se non arricchimento illecito e trasgressione dei diritti d’autore?

E’ proprio il caso di dire che il "potere", come sempre, sbanca servendosi degli ignari e degli schiavi.

SPAZIO AUTOGESTIBILE DI LIBERA COESISTENZA CONTRO OGNI TIPO DI LICENZA E DI CENSURA CHE NON SIA ANARCHICA

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