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venerdì 6 novembre 2009

La questione giovanile in Italia

Seconda pagina - Focus


di Salvatore Cammarata.

TV, radio, giornali ed istituti di statistica forniscono, pressoché quotidianamente, informazioni e dati sempre più allarmanti su comportamenti e stili di vita dei giovani nel nostro Paese:
abbassamento dell’età media di accesso ai servizi per tossicodipendenti ed estensione della dipendenza da droghe;
abbassamento dell’età media dell’inizio di abuso di alcoolici ed estensione della dipendenza da essi;
aumento delle affiliazioni a clan camorristici in Campania, a spacciatori di droghe nel Sud Italia ed a “baby gang” nel Nord;
aumenti di delitti efferati, per futili motivi;
aumento del fenomeno del bullismo a scuola e per le strade;
aumento della sfiducia dei giovani nelle pubbliche istituzioni;
cinismo, individualismo, egoismo e materialismo sempre più diffusi;
diminuzione dei livelli di istruzione.

Sul versante opposto si assiste ad un aumento di comportamenti suicidiari e di disturbi psichici nei giovani dei Paesi più industrializzati ivi compreso il nostro; segnatamente, ansia, attacchi di panico, anoressia e bulimia e depressioni varie.

A livello di microcosmo familiare, segnali di possibili “problemi” giovanili possono essere:
1) mutamenti profondi di carattere o di comportamento o di interessi;
2) cali nel rendimento scolastico od universitario;
3) chiusure nella comunicazione;
4) aumento di aggressività;
5) tendenza a squalificare “figure autoritarie” (p. es., insegnanti, genitori, preti, poliziotti, etc.);
6) frequentazioni poco raccomandabili;
7) uso di linguaggi volgari o scurrili anche in presenza di adulti.

Da sempre esistono diversità tra generazioni nei modi di pensare e di agire e l’educazione e il futuro dei giovani costituiscono un problema per gli adulti; non fosse altro che per l’anelito all’autonomia dei primi nei confronti dei secondi, contrastante col desiderio di continuità e con l’immagine idealizzata di una famiglia unita dei secondi. Inoltre, secondo l’ottica etologica, la lotta dei giovani individui con i vecchi esiste in quasi tutte le specie animali appartenenti ai gradini superiori della Scala Filogenetica ed è funzionale al ricambio generazionale; cioé, alla sopravvivenza della specie. Dal punto di vista etologico, dunque, l’oppositivismo dei giovani umani è fisiologico; é cioè, una parte integrante del loro sviluppo e della sopravvivenza della specie umana.
Dal punto di vista psicologico, esso implica, tra l’altro, la necessità di rielaborare il senso di identità interiore ed esteriore (individuazione) e di ridefinire nuove regole di vita e nuovi princìpi ai quali uniformarsi, per elaborare nuovi modelli comportamentali rispetto a quelli infantili.
Ciò determina un periodo di vita, l’adolescenza, caratterizzato dall’alternanza di stati d’animo e dalla variabilità di comportamenti ed anche da incertezze per gli adulti sui metodi educativi da adottare che rendono tale periodo di difficile comprensione e colonizzazione psicologica per questi ultimi.

Cosa fa sì che la questione giovanile sia connotata in maniera particolarmente negativa in Itali? Le contestazioni giovanili degli Anni ’60 e ’70 hanno determinato la squalifica dei sistemi sociali e dei modi di pensare tradizionali o “borghesi” che dir si voglia. Ma le ideologie allora proposte (i “figli dei fiori”, socialista, comunista, etc.) in alternativa a quella che allora era considerata “borghese”si sono rivelate successivamente dei miti, delle utopie idealmente affascinanti, ma praticamente non realizzabili o persino controproducenti nella realtà.
D’altra parte, il passaggio dall’economia agricola a quella industriale comportò dei cambiamenti socioculturali e l’indebolimento delle regole e dei modelli comportamentali che avevano le famiglie e le piccole comunità paesane o di quartiere. Tali comunità, grazie alla continuità nel tempo e nello spazio dei rapporti tra giovani ed anziani, esercitavano un’influenza formatrice sui comportamenti e sui modi di pensare dei singoli, nonché funzioni di supporto psicologico e di stimolo ai rapporti umani che duravano dall’infanzia alla maturità.
Oggi, nella maggior parte dei casi, le famiglie sono diventate nucleari e le comunità di piccole dimensioni tendono a scomparire. I rapporti umani che in genere caratterizzavano le società pre-industriali sono divenuti più esteriori e sono stati sostituiti sempre più da rapporti di interesse o di lavoro. Si tende ad appartarsi in abitazioni che, non a caso, si chiamano appartamenti, persino nei condomini dove spesso le relazioni coi genitori sono diradate dall’impegno di questi ultimi nel lavoro o nella ricerca di lavoro e coi vicini sono di estraneità o, peggio, conflittuali. I giovani sono influenzati, nei modi di pensare e di agire, non più tanto dagli adulti vicino ai quali vivono quanto dal bombardamento di stimoli da parte dei mezzi di comunicazione di massa.
Varie ricerche hanno rilevato che, soprattutto adolescenti e bambini, ma anche adulti, si valutano da un punto di vista fisico e comportamentale, secondo i modelli proposti dai “mass media”. Questi sono prevalentemente interessati a realizzare profitti, inducendo modi di pensare e di comportarsi finalizzati all’acquisto di beni materiali; non a fare educazione ed a contribuire ad una equilibrata e sana crescita personale dei destinatari dei loro messaggi. Per realizzare tali loro fini, fanno leva sui bisogni umani e ricorrono spesso a metodi occulti ed a tecniche sub-liminari che comportano una impercettibile diminuzione della libertà di auto-determinazione ed inducono, spesso, interessi e idee controproducenti persino per i diretti interessati e/o per le loro famiglie e/o per l’intera società.
Oppure, i giovani sono influenzati da altri “ammaliatori” pure interessati a fare profitti come, p. es., i membri di cosche mafiose, promissori di una vita facile ed eccitante, gli spacciatori di droghe, promissori di “paradisi artificiali, e gli internauti promissori di straordinari eccitamenti erotici.
Nella determinazione dei processi di elaborazione dei modelli di comportamento, finalizzati a socializzare, e dei modelli di identità, finalizzati ad identificarsi ed a trovare un nuovo senso di sé, dunque, hanno grande importanza etero-referenziale i “mass media” che, dall’infanzia all’età adulta, sanno più o meno occultamente sfruttare a fini commerciali i bisogni umani. Nell’adolescenza una importanza determinante l’assumono i gruppi dei coetanei nei quali i giovani possono sperimentarsi liberi dai condizionamenti degli adulti, fino a diventare auto-referenziali. Per questi motivi, vicini di casa, insegnanti e persino genitori sono sempre più squalificati nei modelli ideali e comportamentali che propongono ed indeboliti nel loro ruolo di educatori. La famiglia, come istituzione privata, e la scuola, come istituzione pubblica, sono sempre più espropriate del loro ruolo formativo. Gli stessi adulti, sempre più insoddisfatti e frustrati, sono protesi a cercare nevroticamente soddisfazioni iper-compensatorie di tipo consumistico-materialistiche. Ciò ha fatto pensare al Grande Papa Giovanni Paolo II (dal quale chi scrive ha avuto il grande onore di essere ricevuto come rappresentante alla C.E.I. della Diocesi di Caltanissetta nel 1989) che si tratta di “neoedonismo materialista”.
In occasione della Giornata delle comunicazioni sociali svoltasi l’01-01-2008 anche Papa Benedetto XVI ha scritto: “I mezzi della comunicazione sociale per le potenzialità educative di cui dispongono […] hanno contribuito […] all’alfabetizzazione, alla socializzazione come pure allo sviluppo della democrazia e del dialogo tra popoli. [Ma] non manca il rischio che si trasformino in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti del momento. E’ il caso dell’uso di comunicazioni di massa [anziché, a fini di servizio: n.d.a.], a fini ideologici o di collocazione di prodotti di consumo mediante una pubblicità ossessiva. Col pretesto di rappresentare la realtà, di fatto, essi tendono a legittimare ed a imporre modelli distorti di vita personale, familiare o sociale. Inoltre, per favorire gli ascolti, la cosiddetta “audience”, a volte non esitano a ricorrere a volgarità, violenza” e trasgressioni.

Tutto ciò ha lasciato spazio a vuoti di valori morali (che sono i collanti di una società sana) e ad una anomia che, secondo Durkheim, porta allo sfascio i rapporti sociali e anche umani e alla formazione di masse sempre più grandi di individui, non solo giovani, con pochi ideali o con carenza di valori morali.
Con questo non si intende demonizzare il progresso o ciò che è moderno, poiché non si può non raccogliere la sfide del futuro. Si vuole solo riproporre l’importanza degli aspetti morali ed ideali dell’educazione dei giovani, poiché il progresso e le nuove tecnologie devono, comunque, essere utilizzate al servizio dell’uomo; cioè, di tutti. Ma solo i valori morali ed ideali e nessun sistema ideologico o giuridico od economico possono garantire rapporti umani finalizzati al raggiungimento di obiettivi sociali senza compromettere le potenzialità dei singoli. Il degrado dei costumi porta, al contrario, allo scollamento dei rapporti umani ed alla competitività egoistica ed individualistica che si basa sulla “legge della jungla” della prevalenza del più forte sul più debole e può portare alla involuzione civile.

E’ bel lungi da che scrive l’idea di volere generalizzare. Esistono ammirevoli giovani impegnati nel sociale, negli studi e nel costruire buone relazioni umane. Ma c’è una diversità tra molti dei giovani degli Anni ’60 e ’70, fondamentalmente dissenzienti verso i modelli comportamentali di cui erano portatori gli adulti, ma fortemente motivati all’impegno sociale e politico, ricchi di argomenti, di interessi filosofici ed economici e di proposte correttive dei modelli sociali “borghesi”, e la maggior parte di quelli di oggi, fondamentalmente propensi al consumismo materialista ed al godimento dei sensi, intellettualmente più passivi, più poveri di conoscenze e più consenzienti verso i modelli di comportamento“suggeriti”dai“mass media”.In sintesi: meno impegnati culturalmente e socialmente, meno propensi al sacrificio, più egoisti ed individualisti, più consumisti ed edonisti.

Che fare, dunque?
Dati i tempi che viviamo, non si possono riproporre, certo, nostalgici ed antichi dogmatismi. Né sistemi di controllo repressivi. Né si può aspirare a chimeriche “clonazioni” culturali dei figli. Né imporre precisi modelli comportamentali. Inevitabilmente, si tratterebbe, in tutta buona fede, di pregiudizi ideologici o culturali, basati sulla pretesa di far valere, per i giovani, esperienze acquisite dagli adulti, valide, probabilmente, per altri contesti storici o socioculturali, non per quelli della società italiana odierna.

Il minimo che si può fare é tenersi informati sui movimenti sociali,culturali, scientifici, economici, morali e politici del periodo in cui viviamo. Tenere sempre aperto il dialogo con loro, per capire le loro esigenze, le loro difficoltà e le loro ragioni. Esporre le proprie percezioni della realtà e cercare di dare indicazioni che siano valide anche per loro. Far capire che la dipendenza economica dai genitori non può essere eterna o totale, che bisogna trovare spazi oggi nel mercato del lavoro e che, per riuscire, occorrono professionalità specifiche e approfondite da spendere in esso. Che il “know- how” più richiesto oggi è di tipo tecnico-scientifico,economico-commerciale,linguistico e giuridico, più che letterario-umanistico e che è richiesta la disponibilità a dislocarsi da dove si è cresciuti e si è stati formati, pena il rischio dell’inoccupazione.

Per quanto riguarda le loro relazioni sociali, bisogna far capire che i principi del “do ut des”, del “carpe diem”, del “mordi e fuggi”, (impliciti nella moderna “ideologia del superfurbo”), possono dare sì dei vantaggi diretti e immediati. Ma che, a lungo andare, una volta applicati da tutti o dalla maggior parte, finiscono col far valere la suddetta “legge della jungla” del più forte, col disgregare i rapporti sociali e col far perdere a tutti i vantaggi che comporta il vivere in una comunità solidale civile! Motivi per cui, è meglio non frequentare corrotti e delinquenti (dai quali c’è da aspettarsi più male che bene) e frequentare, invece, le persone più morigerate (dalle quali, al contrario, c’è da aspettarsi prevalentemente del bene). Bisogna cercare di suscitare in loro tensioni ideali, motivate e non imposte, pena reazioni di rifiuto o di opposizione. Di esse i giovani hanno bisogno, perché contribuiscono ad una formazione positiva dell’immagine di sé, a organizzare la personalità in modi coerenti, ad acquisire certezze ed a dare motivazioni personali forti e socialmente costruttive.
Ma ciò non basta. Occorre, prima, che gli adulti facciano un’autoanalisi, per dirsi, con coraggio e franchezza, se hanno commesso degli errori o se sono caduti in contraddizioni, e procedano, poi, ad un rinnovamento di sé e della società che contribuiscono a determinare, adoperandosi, attivamente e urgentemente, per un rinnovamento in senso etico della vita pubblica e privata. In particolare, tutti coloro che detengono del potere sociale come, p. es., i politici ed i pubblici amministratori, come ha giustamente rilevato il Presidente Napolitano, o privato come, p. es., i genitori debbono dare esempi di moralità con la loro condotta. Altrimenti, è impossibile pretenderla dai giovani!

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