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venerdì 8 gennaio 2010

L'attimo fuggente: il potere dei sogni

Seconda pagina - Focus


di Ettore Gallo.

“Andai nei boschi per vivere con saggezza, vivere con profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.”


(H. D. Thoureau)

Intorno e su questa frase si sviluppa tutta la storia e il messaggio de “L’attimo fuggente”, film del 1989 di Peter Weir con Robin Williams, trasmesso martedì 29 dicembre 2009 da Rai3 in prima serata.
Autunno 1959. Si riapre l’anno scolastico alla Welton Academy, una rigidissima ed elitaria scuola del Vermont. L’aria è irrespirabile, la disciplina estremamente ferrea, quando arriva in aula il professor John Keating (R. Williams) che cambierà nettamente la vita degli alunni dell’istituto.
Nella trama si intrecciano le storie dei diversi alunni della classe: Neal Perry, straordinario talento recitativo, ma osteggiato dal padre che vuole per lui una carriera da medico, Todd Anderson, ragazzo timido ma molto sensibile, Knox Overstreet, vivace e noncurante, follemente innamorato di una ragazza già fidanzata, Charlie Dalton e tanti altri.
Il professore confida ai ragazzi la sua appartenenza durante la gioventù alla “Setta dei poeti estinti” (Dead Poets Society), un’organizzazione che si riuniva in una grotta poco lontano dall’accademia e decantava le composizioni dei grandi poeti, ma anche le poesie degli appartenenti alla “setta”. L’idea affascina i ragazzi che una notte fuggono dal dormitorio e si recano in questa grotta, dove dichiareranno la rinascita della Setta dei poeti estinti.
Nel frattempo Neal Perry ottiene la parte di protagonista nello spettacolo teatrale “Sogno di una notte di mezz’estate”, ma, il giorno precedente alla prima dello spettacolo, riceve dal padre un secco “NO”, che lo invita a porre fine a questa “ragazzata”. Il professor Keating consiglia a Neal, che si era recato disperato nella sua stanza per chiedere aiuto, di cercare un dialogo con il padre. Il ragazzo annuisce e il film si avvia all’emozionante conclusione, che non voglio svelare.

Il film, premiato con un Oscar per la miglior sceneggiatura e diversi BAFTA, è di quelli che ti cambiano, regalandoti forti emozioni e facendoti ragionare per diversi giorni. È un film di un grande ottimismo, che ci invita a non mollare mai; come dice lo stesso Keating: “Non importa cosa vi dicono, le parole e le idee possono cambiare il mondo”. Keating ci comunica un messaggio di forte cambiamento: attraverso le sue stravaganze, il professore è il modello perfetto di rivoluzionario, capace di concepire un nuovo Mondo attraverso il Pensiero e non attraverso le armi.
Keating non è un personaggio malinconico, estraniato dal Mondo per la sua diversità e quindi triste, bensì il contrario: è il Mondo che è totalmente estraneo alla mente eccelsa di Keating. Non è Keating che non appartiene al Mondo, ma è il Mondo che non appartiene a Keating.
Il giovane professore è l’esatta personificazione della Cultura: non un culturame noioso come quello appartenente agli altri professori dell’istituto, ma una Cultura (con la C maiuscola) fresca, di facile comprensione; una cultura che nobilita l’Uomo, non che lo affossa nei suoi (tanti!) difetti.
Il tutto è ben testimoniato dal confronto fra Keating e gli altri professori: mentre questi concepiscono l’Istruzione come un dovere/peso degli alunni (incapaci, a dir loro, di concepire idee proprie a 17 anni), Keating crede che la cultura sia un fondamentale diritto, perché solo attraverso questa i ragazzi (e quindi futuri uomini), potranno essere saggi e quindi liberi.
Vi sono facili appigli con la realtà contemporanea italiana: figure come quella di Keating sono un po’ difficili da trovare nel riscontro finzione/realtà (forse gente come Stefano Benni o Corrado Guzzanti), ma basta pensare ai nostri cosiddetti “intellettuali” per rifarsi al culturame di cui parlavo prima. Non voglio certo scivolare nell’avversione alla cultura, ormai tipica del sistema populista berlusconiano (andiamo a finire sempre lì!), ma non ho reticenze nel dire che la cultura non è quell’impiastro noioso che ci viene propinato da tanti professori emeriti.
Molto significativa, commovente e allo stesso tempo rabbiosa, è la scena finale. Keating viene espulso dalla scuola e il preside Nolan ne assume temporaneamente le funzioni. Ma quando Keating entra in classe durante la lezione per raccogliere le sue cose, Todd Anderson si alza e gli grida che è stato costretto a firmare il documento che ne chiedeva il licenziamento. Il professore gli crede e fa per andarsene, ma Todd sale sul banco chiamandolo “Capitano, mio capitano” (come Keating si faceva chiamare, citando una poesia di Whitman). La reazione del preside è rabbiosa, ma in pochi minuti tutti i ragazzi della classe salgono sul banco, rendendo impotente il preside. Magistrale la scena finale in cui vengono inquadrati i ragazzi in piedi sui banchi: la carriera di Keating è ormai compromessa, ma quei ragazzi gli hanno dato una grandissima soddisfazione.

Il film contiene un’infinità di bellissime frasi e citazioni, troppe per riportarle tutte, vi invito a cercarle sul Web. Io ne ho trovate molte su Mymovies.it. Avendo iniziato con una citazione, voglio concludere con un’altra. Grazie per l’attenzione e scusatemi se vi ho ammorbato.

“Molti uomini hanno una vita di quieta disperazione: non vi rassegnate a questo”


(John Keating)

2 commenti:

  1. comunque, non mettere alla fine "Leggi il Picerno Notizie", metti il mio blog personale "Politica e dintorni"(http://ettore94.blogspot.com)...

    P.S.: aggiungimi fra i "blog che ci linkano)... ho messo il banner dell'MBM nel mio blog... ;)

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  2. E' vero scusami. Me lo avevi anche già detto. Adesso lo cambio e ti aggiungo nella lista dei blog che ci linkano.

    Giovanni.

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