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venerdì 22 ottobre 2010

Dr. Rivotril


l furgone della nettezza urbana annunciava coi suoi rumori il nuovo giorno. Come ogni mattina nella strada di turno un cassonetto veniva agganciato nelle braccia della macchina per triturare il suo contenuto, qualcosa di strano attirò l’attenzione dei due operai un rumore insolito, poi un fiotto rosso, uno spruzzo dall’odore acre investì uno dei due in pieno. Rabbrividendo rimase fermo per qualche secondo a braccia aperte guardandosi disgustato la macchia di sangue sulla divisa blu. Il suo collega guardò d’istinto all’interno dove la lama meccanica ancora girava, ebbe un conato di vomito si piegò con le mani alle ginocchia e deglutì pesantemente per scongiurare il vomito, si fece forza e corse dalla parte del collega alla guida.

Era una ragazza sulla ventina, il volto completamente maciullato dalla lama meccanica, così come la spalla sinistra, e il relativo braccio tagliato di netto. Qualche ora dopo giaceva nuda sul tavolo dell’obitorio. Simone si accingeva col bisturi a effettuare un taglio a ipsilon sul petto, il Maresciallo Rizzo dei carabinieri rimaneva più distante con un panno premuto sul muso. Osservava stralunato i movimenti disinvolti e meccanici di Simone, erano mani le sue che dovevano essersi posate su parecchi cadaveri.

"Donna, mora, un metro e settantacinque, sulla ventina" Simone scandiva le parole con tono professionale, scientifico.

"Questo lo sappiamo già, per favore, non venirmi a dire che mi hai trascinato fino a qui per ripetermi cose che già so" Rizzo aveva già visto dei cadaveri, ma mai aveva assistito al trattamento che ad essi veniva fatto negli obitori. La vista delle interiora di un animale non fanno lo stesso effetto, anche il fetore di un gatto morto schiacciato da un’auto sull’asfalto non è la stessa cosa. Non tutti come Simone possono farsi l’abitudine di vedere la carne umana sezionata, pesata, misurata, quasi quotidianamente.

"No figurati, il motivo per cui ti ho chiamato è che non ci sono ne tracce di pallottole, ne di veleni nel sangue …"
"Evidentemente è stata sparata in testa"
"Macché, è impossibile" Simone sorride al maresciallo facendogli una mano mulinata, tipica espressione irriverente all’italiana "Uno dei netturbini è stato investito da uno schizzo di sangue, sangue misto a materia grigia; data la posizione in cui si trovava, doveva trattarsi di un getto di una certa portata" Il maresciallo continuava ad ascoltarlo, per un attimo si tolse il panno dalla bocca per poi rimetterselo sopraffatto dal fetore.

"Scusami ma non ti capisco"
"Nel corpo non c’è traccia ne di pallottole, ne di fori di entrata o di uscita, se le avessero sparato in testa, la pallottola avrebbe sfondato il cranio, il quale sotto la lama meccanica, non avrebbe più potuto esplodere un tale getto" estrasse lo stomaco e lo portò su di una bilancia accingendosi a verificarne il contenuto "e’ anche vero che, ci sono sostanze velenose che non lasciano tracce nel sangue dopo un certo tempo, motivo per cui analizzare il contenuto del suo stomaco … cosa che sto per fare adesso … potrebbe aiutare"
"Ma se li non ci trovi niente. Come ci è finita li? Mica si sarà nascosta nel cassonetto in attesa che quelli della nettezza la venissero a triturare …"
"Certamente no" Simone rovistava con cura tra i resti dell’ultimo pasto della giovane defunta "vediamo un po’ cosa ci dice questo" teneva in mano una provetta piena di sostanze estratte dallo stomaco.
"Vabbè Simo, ma che me lo dici a fare qui" nel gesto di pregarlo scordò di nuovo di tenere il panno sul muso "porca puttana che tanfo!"
"Eh il tanfo … ci si abitua. Io non ricordo manco quando ho smesso di tenerne conto"
"Sono in piedi dalle sei e mezza, manco ho fatto colazione, in quel paese non succede mai un cazzo, e proprio li mi ritrovo un cadavere fatto a pezzi, senza nemmeno una faccia, tu che mi fai venire qui, per dirmi cose che potevi dirmi domani in caserma …"
"Benzoazepina"

Rizzo accigliò la fronte "come?"
"Benzoazepina" Simone guardava i valori sul computer relativi al campione raccolto dallo stomaco "è un ansiolitico, ma qui vedo anche grosse quantità di alcool, i tossici usano il rivotril che ha lo stesso principio attivo con la birra, lo sai no?"
"Per farsi coraggio si, poi vanno a scippare per poter svoltare, per farsi la busta. "

Svoltare era il mestiere più gettonato nelle case popolari. Un paio di pastiglie di rivotril e una bottiglia di birra la mattina, poi via a scippare o a fregarsi qualche super alcolico da rigirare qua e la, tutto per arrivare il pomeriggio alle tanto sudate venti-venticinque euro quotidiane, che se non spendevano per la busta si facevano uno stipendio migliore di quelli dei call center. La busta: cosi chiamavano nel gergo la piccola porzione di cocaina o di eroina che ti dava soddisfazione giusto se te la facevi con una spada, (una siringa) in vena.

Simone si tolse i guanti di lattice prese la giacca e accompagnò il maresciallo fuori.

"Andiamoci a prendere un caffè che ti spiego meglio"
"Mo mi porta a prendere il caffè" pensò Rizzo, rassegnato a non capire i motivi della fretta di Simone.

Coi profondi occhi castani, Simone osservava con precisione scientifica il culo della barista assorta nel compito di fare due tazze di caffè. Scosse la testa ammirato non poteva evitare di notare quanto i pantaloni fossero in sintonia con le natiche della ragazza, per non parlare dello splendido tanga, la cui presenza si poteva dedurre chiaramente dalla forma del solco che si formava in mezzo alle chiappe.

"Ha un culo carismatico"

Rizzo rise gettando uno sguardo fugace verso la barista assicurandosi che non avesse sentito l’apprezzamento del suo amico.

"Spiegami cosa ci faccio qui Simo"

Rizzo girava il cucchiaino nella tazzina di caffè fissava il suo amico in attesa di chissà quale misteriosa rivelazione, Simone guardava il tavolo in cerca delle parole giuste quasi fossero scritte la sopra. Sorseggiò senza nemmeno metterci lo zucchero lui il caffè lo prendeva sempre cosi. Inspirò poi si decise a parlare con lo sguardo ora sul tavolo, ora su una targa storica della coca cola appesa sulla parete del bar.

"Conoscevo quella ragazza" Rizzo smise di girare il caffè. Se era un buon motivo per farlo chiamare distogliendolo dal caso, doveva essere sicuro di quello che diceva. Eppure come poteva credergli?

"Il corpo è arrivato da te praticamente irriconoscibile, come fai a dirlo?"
"La voglia nel seno sinistro, è lei"
"Lei chi?" Rizzo si decise a bere il suo caffè.

"Si chiamava Claudia, non so il cognome. Quella voglia … è lei, sono sicuro. Era una prostituta, faceva marchette per pagarsi l’affitto e gli studi. Per quanto ne so, potrebbe anche avermi dato un falso nome" Rizzo incrociò le braccia e distese la schiena sulla sedia.

"Da quando vai a puttane?"
"Senti Carlo … sono vagamente in merda, mi capisci? Una gnocca viene trovata morta in un cassonetto, anzi per quanto ne sappiamo era tramortita ma viva quando è finita dentro il camion dell’immondizia. E io la conoscevo, ero il cliente di una prostituta trovata morta la mattina dopo che me la sono scopata, per il lavoro che faccio sono rovinato" Simone uccise la sua tazza con un ultimo lungo sorso, la poggiò con forza sul tavolo e andò a pagare.

Si chiamava Claudia – sempre che non fosse uno pseudonimo usato per lavoro- era una studentessa universitaria e si manteneva facendo la prostituta. Dalle prime analisi risultava avere attorno ai vent’anni, era già nuda quando i netturbini la trovarono coperta solo dei suoi slip. Probabilmente era ancora viva quando stava dentro il cassonetto, il decesso sarebbe quindi avvenuto per mezzo della lama meccanica della nettezza urbana. Tramortita da forti dosi di ansiolitici, alcool e chissà cos’altro, per tutta la notte costretta a giacere tra i sacchi della spazzatura respirando il tanfo delle nostre scorie quotidiane, nel buio più totale. Era stata vista per l’ultima volta da Simone Lampreda, giovane inquirente del RIS.

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