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martedì 8 marzo 2011

Festa della Donna


Altro che sesso debole...

"La donna, nel paradiso terrestre, ha morso il frutto dell'albero della conoscenza dieci minuti prima dell'uomo: da allora ha sempre conservato quei dieci minuti di vantaggio"

(Alphonse Karr)

di Maria Papa

Le origini della Festa della Donna risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario, Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Tra le vittime c’erano anche delle italiane, comunque tutte donne che cercavano semplicemente di migliorare la qualità del proprio lavoro e della propria vita. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia. Assunse col tempo un'importanza mondiale, diventando il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli e il punto di partenza per il riscatto della loro dignità. L’8 marzo è quindi il ricordo di quella triste giornata. Non è una ‘festa’ ma piuttosto una ricorrenza da riproporre ogni anno come segno indelebile di quanto accaduto.

Dopo una po’ di sana informazione sulle radici di questa giornata che andremo a celebrare tra pochi giorni – chi più, chi meno dignitosamente –, vorrei portare a galla alcune riflessioni. Facendolo, vi prego di non scambiarmi per una femminista seguace di Marilyn French1.

Quanto hanno penato le donne, da sempre, per raggiungere una certa autonomia?

Quanto ci è costato scrollarci (parzialmente) di dosso la netta supremazia dell'uomo su di noi?

Molto, moltissimo, in termini di energie e in termini di ‘forzature’ su un modo di essere che ci era stato inculcato per secoli. Le ultime generazioni, forse, potranno già cogliere i primi frutti del nuovo modo di essere della donna. La mia generazione, invece, e quella immediatamente precedente e successiva (parlo delle ultratrentenni e delle ultraventenni), sono ancora ibride, piene di contraddizioni.
Siamo riuscite ad affermare il nostro diritto all'autodeterminazione, ma molte di noi sono rimaste legate al concetto che, ad esempio, una donna senza figli è incompleta. E quindi ci siamo costruite una famiglia, contemporaneamente lavorando, faticando come somari per mantenere un decente equilibrio tra le nostre vite parallele.

Ci siamo anche parzialmente liberate da vecchie concezioni legate al nostro aspetto fisico, portando avanti il discorso che una donna non deve necessariamente essere bellissima per essere comunque una persona affascinante, ma poi i chirurghi guadagnano miliardi proprio grazie a molte di noi.

In politica, purtroppo, non c'è contraddizione... eravamo poche prima, siamo poche anche adesso, almeno in Italia. E ci vengono comunque affidati sempre compiti marginali, o tutt'al più legati al sociale.

Contraddizioni normali, io credo, che dovranno fungere da raccordo tra il vecchio e il nuovo modo di intendere il genere femminile.

Ma la donna, checché se ne dica, è sempre stata l’apice della creazione, la scintilla d’eternità la Musa ispiratrice…

Vi chiedo di seguirmi nel passato e di osservare alcune Donne – la maiuscola è d’obbligo – di cui, purtroppo, non sempre i libri di storia parlano. Donne della politica, della letteratura, della filosofia, della scienza, dell’arte, della mitologia…

Cristina Trivulzio Belgiojoso fu un’importante patriota italiana che partecipò attivamente al Risorgimento italiano. Fu editrice di giornali rivoluzionari, scrittrice e giornalista. Era bella, potente, e poteva dare molto fastidio. Fortunatamente la sua fama, la sua posizione sociale e la sua solerzia alla fuga, la salvarono da arresti facili. Nonostante ciò, con la dovuta cautela, il governo di Vienna le mise comunque i bastoni fra le ruote e, sentendosi costantemente minacciata, Cristina scappò nel sud della Francia dove visse sola e senza soldi. Tutti i suoi averi erano stati congelati dalla polizia austriaca e per molto tempo non poté attingere alcun denaro. Si arrangiò con pochi soldi, cucinò per la prima volta da sola i suoi pasti e si guadagnò da vivere cucendo pizzi e coccarde. A lei continueranno ad arrivare richieste di soldi per fini patriottici, e lei cercherà di distribuirne tantissimi, in modo da aiutare i poveri esuli italiani e investendo in sommosse o addirittura organizzando movimenti di armi per i ‘ribelli’ italiani. Muore nel 1871, a soli 63 anni. Ebbe una vita colma di peripezie, soffrì sempre di varie malattie e si trascinò dietro le diverse ferite causate da un tentativo di omicidio. Al suo funerale non partecipò nessuno dei politici dell'Italia che lei, così grandemente, aveva contribuito ad unire.

Giovanna d'Arco, oggi conosciuta come la Pulzella d'Orléans. Riunificò il proprio Paese contribuendo a risollevarne le sorti durante La Guerra dei Cent’anni, guidando vittoriosamente le armate francesi contro quelle inglesi. Catturata dai Borgognoni, Giovanna fu venduta agli inglesi. Durante la detenzione Giovanna fu rinchiusa in una stretta cella, i suoi piedi erano serrati in ceppi di ferro e le mani spesso legate; la notte i suoi piedi erano saldamente fissati in modo che la ragazza non potesse lasciare il proprio giaciglio. La sottoposero ad un processo per eresia al termine del quale fu condannata al rogo. In ginocchio, avvolta da avide fiamme, domandò ed offrì perdono a tutti. I soldati ordinarono al boia: «fa' ciò che devi». Il fuoco salì veloce e Giovanna, investita dalle fiamme, nel dolore atroce, gridò a gran voce: «Gesù!». Così morì Giovanna la Pulzella, a soli diciannove anni. Nel 1456 Papa Callisto III, al termine di una seconda inchiesta, dichiarò la nullità di tale processo. Giovanna fu beatificata nel 1909, canonizzata nel 1920 e dichiarata Patrona di Francia.

Virginia Woolf cercò, con il suo temperamento, di liberare il racconto dalle regole. Innovatrice nei suoi scritti, Virginia Woolf lo fu anche nelle sue letture: nei suoi articoli di critica letteraria come nelle sue scelte di editore indipendente. Privilegiò sempre gli autori che condividevano con lei questo sguardo nuovo che esige modi d’espressione nuovi. Nel corso degli anni ‘30, un ciclo di depressione l’assedia, e non è il primo. Diversi fattori concorrono a peggiorare la sua situazione: la morte di un nipote ucciso durante la guerra civile in Spagna, l’orrore incombente del nazismo e, una volta scoppiata la guerra, il timore di un’invasione tedesca, un timore che le origini ebree del marito non fanno che aumentare man mano che si confermano i segni della barbarie. Mentre i bombardieri tedeschi solcano il cielo inglese, Virginia Woolf, sempre più convinta che la follia abbia preso il dominio del mondo, decide di porre fine alla sua sofferenza, cercando nell’acqua quella fluidità che non era stata capace di cogliere in vita. Oggi è considerata come uno dei principali letterati del XX secolo, attivamente impegnata nella lotta per la parità di diritti tra i due sessi; fu, assieme al marito, militante del fabianesimo2; nel periodo fra le due guerre fu membro del Bloomsbury Group e figura di rilievo nell’ambiente letterario londinese.

Maria Montessori fondò la prima ‘Casa dei Bambini’ nel 1907 a Roma, ma era già nota in Italia per essere stata una delle prime donne laureate in medicina, per le sue lotte femministe e per il suo impegno sociale e scientifico a favore del bambino, l'essere fino a quel momento dimenticato e sostituito dall'adulto. La Montessori indicò il metodo più adatto allo sviluppo spontaneo di ogni bambino e, dimostrata la sua ricca disponibilità all'apprendimento culturale, ottenne dei risultati che non erano mai stati immaginati e verificati prima. Iniziò dunque il suo pellegrinaggio scientifico in ogni parte del mondo, dove nascevano e si sviluppavano le sue scuole e dove altrettanto grande era l'esigenza di una nuova preparazione degli insegnanti. Il regime fascista tentò di orientare la sua opera e il suo pensiero in una direzione incompatibile con i suoi principi ideali ed educativi: la sua immagine e i suoi libri vennero dati alle fiamme prima a Berlino e poi a Vienna negli anni del dominio nazista.

Gabriella Degli Esposti, di famiglia contadina, divenne partigiana e antifascista. La sua casa divenne la base della Quarta Zona della Resistenza; madre di due bimbe e in attesa di un terzo figlio; partecipò ad azioni di sabotaggio; il suo nome di battaglia era ‘Balella’. Il 13 dicembre del 1944, mentre era in corso un rastrellamento dei tedeschi, Gabriella venne catturata da un gruppo di SS; nonostante la sua gravidanza, venne picchiata e poi minacciata di morte se non avesse rivelato dove si trovava il marito. Il 17 dicembre del 1944 Gabriella venne condotta sul fiume Panaro e fucilata. La cosa più atroce fu che, prima di essere fucilata, Gabriella fu seviziata: il suo cadavere venne ritrovato privo di occhi, con il ventre squarciato e i seni tagliati. Questa barbarie istigò molte donne della zona ad unirsi ai partigiani: è così che si fondò il distaccamento femminile ‘Gabriella Degli Esposti’, forse fu l’unica formazione partigiana composta esclusivamente di donne. Anche a lei fu conferita alla memoria la Medaglia d’oro al valor militare.

Artemisia Gentileschi è una delle poche protagoniste femminili della Storia dell'arte europea. Ma è anche la protagonista di una torbida vicenda a tinte fosche, infarcita di elementi sentimentali, erotici, patetici e fantastici, in una brillante fusione romanzesca. È stata una delle poche donne sfuggite alle maglie del rigidissimo sistema sociale in cui viveva, tuttavia la sua sofferta vicenda privata si è spesso sovrapposta a quella di pittrice, generando molte ambiguità. La sua popolarità raggiunse infatti il vertice soprattutto perché ebbe il coraggio di accusare il suo violentatore (al punto da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l'attendibilità delle sue accuse, cosa che per lei, pittrice, non dovette rappresentare solo un dolore fisico). Artemisia divenne così il simbolo del femminismo e del desiderio di ribellarsi al potere maschile; tuttavia questo fatto le fece un grande torto: l’attenzione si spostò sulla vicenda dello stupro, mettendo in ombra i suoi meriti professionali. Comunque, per l’epoca, Artemisia diventò un'etichetta per ogni rivendicazione di tipo femminista (basti pensare a Berlino, dove l’Albergo Artemisia accoglieva esclusivamente clientela femminile), una figura di culto, sia come rappresentante del diritto all'identificazione col proprio lavoro, sia come paradigma della sofferenza, dell'affermazione e dell'indipendenza della donna.

La Contessa di Castiglione, donna bellissima e con predisposizione all’intrigo, tanto che Cavour le chiese di sedurre Napoleone III per avvicinarlo alla causa risorgimentale, infatti, senza l’aiuto della Francia, l’Italia non avrebbe potuto liberarsi né dell’occupazione austriaca né dello Stato Pontifico che occupava il centro Italia. E naturalmente, Napoleone III non resistette al suo fascino: la missione della nobildonna era così compiuta.

Medea, con la sua storia, è uno dei personaggi più cupi nell'universo del mito antico. Maga, figlia del re della Colchide, nipote della maga Circe, si innamorò del greco Giasone che giunse nel suo paese (sul mar Nero) per impossessarsi del vello d'oro. Per Giasone, Medea tradì il padre, uccise il fratello, abbandonò la patria; ma l'atto che la distingue per la selvaggia tragicità è quello che Euripide scelse di rappresentare nel suo dramma: l'uccisione dei figli, l'atto estremo con cui essa si vendicò dell'abbandono di Giasone. Il tragico infanticidio costituirà per lei un punto di non-ritorno.

Irma Bandiera, sebbene fosse di famiglia benestante, scelse di essere staffetta partigiana nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna e prese il nome di ‘Mimma’. Venne catturata dai fascisti che le infierirono atroci torture ed infine la sottoposero alla fucilazione a Bologna. Era il 14 agosto del 1944 e il suo corpo venne esposto in strada vicino alla sua casa. Alla memoria le è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare.

Anita Garibaldi, conosciuta universalmente anche come l’Eroina dei Due Mondi, divenne una leggenda del Risorgimento italiano quale donna-guerriero che combatteva per i diritti dei popoli e per l’eguaglianza dei cittadini.

Devo limitarmi, ma tante ancora sarebbero le Donne da citare per rendere omaggio a questa ricorrenza. Tante di loro si sono battute, tante hanno fatto la Storia, a tante dobbiamo le numerose cure che ogni giorno ci salvano la vita. Ognuna di loro ha rappresentato un tassello. E tutte, unite una all’altra come in un puzzle, ci riportano ai nostri giorni.

Da sempre sgomitiamo con forza per farci spazio, non dico per ottenere un posto a sedere, ma almeno per riuscire a ‘salire sul tram’. La libertà e la parità che vantiamo in Occidente è ancora un’illusione in alcune parti del mondo. In Afghanistan le donne sono vittime di un’oppressione perpetrata in nome di una fede che fa loro perdere la dignità di esseri umani. In Bangladesh – e non solo – le donne vengono rapite per essere ridotte in schiavitù o avviate alla prostituzione; il 60% delle donne sposate è continuamente vittima di continue percosse da parte del marito, di stupri, omicidi e violenze psicologiche. In India, ogni sei ore, una donna viene bruciata viva, picchiata a morte o spinta al suicidio. In Nepal, ogni due ore, una donna muore di parto, mentre alcune decine di migliaia muoiono di Aids o contraggono il virus dell’HIV. In Iran – e non solo – la lapidazione viene usata per condannare a morte le donne accusate di adulterio. In Somalia, l’infibulazione viene praticata in società a carattere patriarcale, in cui la donna viene considerata un essere inferiore, con una sessualità da reprimere e da condannare, infatti garantisce la verginità della donna, ne riduce il desiderio sessuale, impedisce la masturbazione. È evidente agli occhi di tutti quanto la situazione in Occidente sia rosea per la donna (sebbene, nemmeno qui, il suo rispetto venga garantito sempre, ovunque e comunque).

Nulla che voglia puzzare di retorica, ma sarebbe dignitoso per noi, per le Donne che sono state prima di noi, per le Donne che verranno, per le Donne che non hanno ancora questa opportunità, se l’8 marzo lo celebrassimo come una giornata votata al ricordo e alla riflessione e non come una squallida occasione per uscire, bere, puttanizzarsi, per poi tornare ‘Santa Maria Goretti’ il giorno dopo. Sarebbe come rivendicare un posto in società. Quel posto in società, qui dove viviamo, è già nostro, è nostro di diritto, non perché ce l’hanno offerto spontaneamente, ma perché ce lo siamo preso. Con la forza.


1 Scrittrice, icona del femminismo, morta il 2 maggio del 2009.

2 Movimento politico e sociale britannico che ha come scopo istituzionale l'elevazione delle classi lavoratrici per renderle idonee ad assumere il controllo dei mezzi di produzione.



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