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giovedì 11 dicembre 2008

La società mangia se stessa


George A.Romero: La Notte dei Morti Viventi


"Stanno venendo a prenderti..."

Un gruppo di persone in uno spazio chiuso, assediate da loro simili trasformati in mostri cannibali; sullo sfondo il disgregarsi delle regole nell'anarchia: la società che mangia se stessa.

Questo il tema della Trilogia dei Morti Viventi, del regista americano George A. Romero, film in cui un genere cinematografico (il fantastico, l'horror) viene utilizzato metaforicamente per mostrare "qualcos'altro": il collasso della società moderna di fronte alla spersonalizzazione dell'individuo e all'omologazione; l'impossibilità per i "prodotti" della civiltà (scienza, media, leggi, istituzioni) di rimediare, o anche solo di spiegare. Il vertice della parabola, quel punto massimo dopo il quale inizia la caduta.


La Notte dei Morti Viventi

Tutto inizia nel 1969, con l'uscita nelle sale cinematorgrafiche americane di un piccolo film indipendente in bianco e nero, girato in formato ridotto (16 mm) e nei ritagli di tempo da uno studio di videoproduzioni di Pittsburgh specializzato in short pubblicitari per le TV locali e prodotti simili, film che colpisce profondamente l'immaginario degli appassionati del genere horror e dei critici più attenti: La Notte dei Morti Viventi (Night of the Living Dead). 
E' l'anno di Woodstock, ma i segnali di come le ingenue utopie della generazione dell'amore siano prossime alla fine (e di lì a poco arriverà Altamont a chiudere definitivamente gli anni '60), nel film di Romero ci sono già tutti.

La trama è semplicissima, e rimanda a classici del cinema western (AlamoSfida all'OK Corrall) oltre che, più correttamente, al romanzo di Richard Matheson I Am Legend. Un plot che verrà riproposto praticamente identico (compreso l'eroe di colore) qualche anno dopo da John Carpenter in Distretto 13: le Brigate della Morte (Assault on Precint 13, 1976): un gruppo di persone barricate in un luogo assediato.

Il film, girato in un bianco/nero secco, plumbeo, molto contrastato e nel rispetto delle unità aristoteliche di tempo, luogo e azione, rivoluziona dall'interno le regole del cinema horror. Sono presenti infatti tutte le caratteristiche che l'appassionato si aspetta di trovare in un film del terrore -il thrilling, la ragazza in pericolo, l'eroe tutto d'un pezzo, il deuteragonista vigliacco, la coppia di teenager, i mostri e una buona dose di sangue- ma rivisti in un'ottica inedita: il thrilling nasce dal visuale (inquadrature oblique e stranianti, montaggio serrato, ampio uso della profondità di campo), dall'interazione dei personaggi e dalle attese, piuttosto che dalle sequenze di azione; la damigella in pericolo non è la solita bambolona ipertrofica e sexy, ma una scialba ragazzotta che alterna crisi di nervi a catatonia; l'eroe, Ben, è di colore, e se questo era inusuale, nel 1969, per un film mainstream, per l'horror -genere assolutamente conservatore, ricordate le "regole del gioco" elencate in Scream?- risultava addirittura rivoluzionario. Mr.Cooper, il deuteragonista vile e antipatico, non è un qualche balordo emarginato, un drogato fuori di testa facile da disprezzare, ma un uomo comune con tanto di famiglia al seguito, caratterizzazione che fa scattare, nello spettatore medio, un meccanismo alterno di identificazione-odio che poi è, presumibilmente, ciò che prova verso se stesso, sospeso fra mediocrità e istinto di protezione per il proprio territorio, la propria compagna e la prole, e ansia di riscatto. Siamo dalle parti di Cane di Paglia, con qualche anno di anticipo.

Per quanto riguarda i teenager -un omaggio al cinema fantastico a cavallo fra i '50 e i '60- non sono lì per risolvere la situazione -anzi, la peggiorano- né sono destinati a salvarsi. Nel cupo mondo creato da Romero non c'è speranza, neanche per gli innocenti.

Il sangue -il 'gore'- rimanda alla lezione di Herschell G.Lewis, e aggiunge realismo alla parabola: le viscere esposte e divorate della società.

Infine ci sono i mostri...che siamo noi. L'orda di zombi antropofagi in numero sempre crescente, deboli e lenti ma letali se in gruppo, privi di ragione e obbedienti solo ai bisogni primari (al bisogno primario: nutrirsi), cacciatori ma cacciati dai loro simili con modalità tipiche delle battute venatorie domenicali (aspetto che sarà più evidente nel secondo film della trilogia e nel remake che Tom Savini farà, su sceneggiatura dello stesso Romero, di Night of the Living Dead, nel 1989) rappresentano quella minoranza silenziosa di cui nessuno si occupa, non fa audience ma, improvvisamente, esce allo scoperto, dichiara di esistere e mina le basi razionali, le convenzioni della società che, sentendosi in pericolo, reagisce con la violenza.

Non a caso fra le molte chiavi di lettura de La Notte dei Morti Viventi c'é quella di “film sul '68” (uno dei migliori, secondo alcuni) e, d'altronde, non venivano forse chiamati "freaks" (mostri) i giovani della generazione dell'amore?

In più, il film di Romero, offre una sceneggiatura di prim'ordine (scritta da John A.Russo e dallo stesso regista), con ottimi dialoghi che, a volte, giocano con il genere: "Stanno venendo a prenderti, Barbara..." scherza all'inizio il fratello della'eroina, imitando uno dei tanti mostri del cinema classico. Ma qui il mostro viene davvero a prenderli; un'ottima recitazione da parte di un cast di non professionisti, che contribuisce a rendere ancor più credibili i personaggi, e alcuni degli spunti più rivoluzionari della storia del cinema fantastico, a cominciare dalla mancanza di una spiegazione a monte degli eventi: cos'è che fa tornare in vita i morti? Abituato ai classici prologhi -talvolta interminabili- dei film classici, alle spiegazioni scientifiche puntuali e spesso ridicole dei "monster movies" degli anni '50, lo spettatore che, nel 1969, assisteva ad un film in cui si è subito nel mezzo dell'azione, in cui l'unica parvenza di spiegazione è un inserto di telegiornale che parla di "misteriose radiazioni portate a Terra da un satellite di ritorno dallo spazio" (il '69 fu anche l'anno dell'Apollo 11, non dimetichiamolo) senza nessun ulteriore accenno in seguito, in cui le autorità civilizzate -scienziati, forze di polizia- sono assolutamente impotenti di fronte al caos che avanza -addirittura il compito di uccidere i 'mostri' viene affidato a gruppi di vigilantes, come nel far west- in cui i media danno informazioni inattendibili o addirittura letali -la lista dei posti di soccorso, molti dei quali probabilmente già infestati di morti viventi-, in cui non c'é lieto fine catartico (eresia per un horror!), in cui l'eroe viene ucciso da un vigilante che lo crede uno zombi- quello spettatore, supponiamo, usciva dal cinema tutt'altro che rassicurato.

Ed era la prima volta che gli succedeva dopo aver visto un horror. Forse perchè era la prima volta che in un horror non veniva messa in scena l'eterna lotta fra Bene e Male, ma i buoni e i cattivi appartenevano alla stessa famiglia, anzi, forse non c'erano buoni e cattivi.


"Se faccio fiasco mi depennano dalla lista, se ho successo mi pagano un milione di dollari per andarmene a Hollywood a scoreggiare." (George A.Romero)

Il successo de La Notte dei Morti Viventi, film low-budget, realizzato fuori dai canali ufficiali dell'industria cinematografica, dà il via a tutta una serie di variazioni sul tema. Al di là dei molti (spesso dimenticabili) film sugli zombi che proliferano nella prima metà degli anni '70, il più grande merito del film di Romero è stato quello di immettere il sociale in un genere che, fino a quel momento, si era occupato metaforicamente, al più, di perversioni o deviazioni individuali, di soggetti comunque emarginati e 'diversi', facili da odiare o al massimo, dei quali avere pietà.

La violenza latente della società moderna dipinta ne La Notte dei Morti Viventi dà il via all'horror “politico” degli anni '70, intendendo “politico” nella sua accezione etimologica: che si occupa dei rapporti fra esseri umani. E' probabile che anche Arancia Meccanica di Stanley Kubrick tragga spunti da ripetute visioni del film di Romero, ma è certo che i personaggi che popolano film come Non Aprite Quella Porta di Tobe Hooper, L'Ultima Casa a SinistraLe Colline Hanno gli Occhi di Wes Craven e Halloween di John Carpenter, hanno tutti più di un debito nei confronti degli zombi de La Notte dei Morti Viventi, in quanto rappresentanti di categorie o relazioni sociali.

I macellai di Hooper sono lavoratori che, non possedendo altro che il proprio mestiere, lo sublimano al punto di macellare anche gli esseri umani. Gli psicopatici dei film di Craven e Carpenter sono sempre contrapposti a (o facenti parte di) una famiglia, finendo quindi per rappresentare conflitti di classe.

In tutti i casi i loro bersagli -quasi sempre giovani, ingenui, spensierati- simboleggiano quella parte della società che, allora come ora, preferisce voltare la testa e far finta che niente stia succedendo al di fuori dei propri definiti e sicuri confini esistenziali, fatti di villette a due piani nei quartieri residenziali, popcorn davanti alla TV e vacanze in camper, e che proprio per questo, allora come ora, è destinata a piombare nelle grinfie del mostro, soccombendo o salvandosi a spese del propria sanità mentale.


La Notte dei Morti Viventi

(Night of the Living Dead)

USA 1969


Regia, Fotografia, Montaggio: George A. Romero

Sceneggiatura: George A. Romero, John A. Russo

Produzione: Karl Hardman, Russell Streiner

Cast: Duane Jones, Judith O'Dea, Karl Hardman, Marilyn Eastman, Kyra Schon


George A. Romero

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