
La mia vera vocazione è il flaneur, figura cara a Baudelaire e Benjamin, colui che ama girare senza meta per le vie della città. Il flaneur è diverso del viaggiatore, che sa di avere una meta dove andare. E’ diverso dal turista, vero eroe della modernità secondo Zigmunt Bauman, che fugge dalla vita di tutti giorni, e visita ogni luogo consapevole di non farne parte.
Io flaneur mi perdo volontariamente per le strade cercando di coglierne l’essenza nascosta; stabilisco il momento della partenza ma mai quello dell’arrivo; amo le ore deserte, come il primo pomeriggio, ma anche il tramonto e la notte. Il mio ideale è ovviamente Parigi, ma ahimè è troppo distante; città con un grande centro storico come Genova o Padova sono perfette per le mie peregrinazioni, ma anche la cittadina dove vivo una decina d’anni, e ancora non conosco del tutto, Albenga, mi è congeniale, col suo intrico di vicoli. Amo solo passeggiare in città, la natura mi piace da guardare ma non mi sento parte di essa, in questo sono leopardiano, sono attratto dall’ingegno umano e dalle sue opere, e la vista di una casa, un arco, un monumento, un insegna, una svolta improvvisa mi guidano nei miei passi. A volte mi studio un percorso, ma il caso o il mio scarso senso dell’orientamento me lo fanno mutare. Il più delle volte vado a casaccio, uno dei più belli tra i piccoli piaceri della vita è girare senza meta in una città che si conosce poco; eppure finisco col trovarmi perfettamente dove volevo arrivare. Uno scrittore mediocre, ma capace di lampi di genio, Javier Marìas, descrive lo spaesamento di un viaggiatore in una città che non conosce. Quello che gli manca, per sentirsi simile a chi vive là, è il poter passeggiare nel momento in cui il giorno sfuma nella notte. Proprio nel periodo in cui leggevo il suo libro frequentavo un corso a Genova. Andavo a prendere il treno del ritorno, percorrendo la via principale e più affollata, giusto nel momento descritto da Marìas. Provavo quello che il protagonista del romanzo non aveva mai provato. Mi sentivo padrone di una città che non è la mia. Ovviamente amo muovermi a piedi, ma mi piace anche il treno, soprattutto nelle mezze stagioni, quando affacciandomi al finestrino vedo che le spiagge iniziano a riempirsi, o tardano a svuotarsi, mostrandomi che l’estate sta per arrivare, o tarda a finire. Mi piace anche essere portato in auto, di notte, nelle gallerie. Mi piacciono anche stazioni, autogrill, supermaket enormi: Augè li ha chiamati nonluoghi, ma per me sono luoghi significanti, posti dove è possibile perdersi, metafore del Viaggio.
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