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venerdì 15 gennaio 2010

Cos'è un leader?

Seconda pagina - Focus


di Giovanni Pili.

Un leader "naturale" cosi come ce lo insegna la sociologia, l'antropologia e la psicoanalisi -specialmente quella bioniana- è un individuo o un gruppo di individui (leadership) che trova una soluzione ad un dato problema. In condizioni normali il problema del gruppo è temporaneo, come il leader che emerge per risolverlo, gli altri membri a parità di informazioni e accesso alle risorse non ascoltano il leader del momento come atto dovuto, ma come libera verifica della realtà dei fatti.
Da 5.000 anni non è più cosi. I leader non sorgono per un dato momento problematico e non si occupano di un singolo problema, inoltre non vengono ascoltati ma obbediti ... il che è sostanzialmente diverso. Come è successo?
Se un leader o una leadersheap vuole conservare nel lungo periodo i suoi poteri, imponendoli e selezionando l'accesso alla leadersheap con un sistema di casta, non deve far altro che crearsi IL PROBLEMA ... un problema vissuto dal gruppo, che rinnovi se stesso. Nel caso delle gerarchie religiose il problema perpetuo è la morte e il leader è il sacerdote che conosce la via alla vita eterna in un universo parallelo che si raggiunge se si obbedisce alla legge ... solo dopo morti il problema è risolto, sacerdoti e discepoli tornano uguali, come nel momento del gruppo senza problemi.
Con l'agricoltura e l'allevamento degli animali si è creata secolo dopo secolo un aumento delle risorse alimentari che secondo una legge economica appartenente anche alla natura ha portato man mano ad aumentare nelle zone fertili la densità di popolozione allungando la vita ... in questo modo nei casi di scarso raccolto la natura in se non basta più a soddisfare i bisogni della gente. Pertanto si crea un secondo problema perpetuo: quello del lavorare per vivere. Questo implica che sarà il singolo stesso a scegliersi -quando può scegliere- il leader a cui obbedire. Si è creato cosi nei secoli e nei millenni la finta esigenza di capi per poter sorreggete una civiltà, che altro non è che l'addomesticamento dell'uomo sull'uomo, fatto rendendo precarie le risorse che per natura dovrebbero essere sufficienti per tutti.

Nei casi normali, di normale interattività all'interno di un gruppo i leader sono "tutti e nessuno". Esistono dei ruoli che fanno si che ognuno abbia un posto nel gruppo che lo rende leader nei momenti in cui la sua personalità lo rende utile ad un dato problema. Se il gruppo si perde in un bosco, emerge come leader colui che conosce i sentieri migliori, quando si esce dal bosco il leader scompare.

Tutto in questo allevamento umano che chiamiamo civiltà è volto a rendere precarie le risorse materiali e culturali in modo da avere sempre problemi che si rigenerano allo scopo di conservare la leadership. Il mercato del lavoro ne è un chiaro esempio, senza scomodare Marx, sappiamo che i salari e gli stipendi dipendono dall'offerta di lavoratori in relazione alla domanda da parte dei leader di manodopera. Più alto è il livello di disoccupati, più bassi saranno i salari. Lo scopo della leadership moderna non è quindi quello di cancellare la disoccupazione, ma di tenerla a livelli ottimali. Il precariato è un ennesimo esempio di questa politica: i contratti a tempo determinato si aprono nei periodi di bisogno di manodopera e non si rinnovano nei periodi di recessione dei bilanci aziendali.

Prendiamo il cucciolo di una tigre e facciamolo vivere in cattività, poi da adulto lo riportiamo nella foresta: cosa succederà? Morirà di certo. Cosi l'uomo si ritrova a vivere nella medesima situazione, nel medesimo "problema perpetuo" del vivere in cattività e nel non poter più tornare all'accesso diretto delle risorse naturali. Questo fa si che ognuno di noi non lavora per realizzare la sua personalità e il suo ruolo nel gruppo; ognuno di noi lavora per sopravvivere. Per non morire di fame! L'individualismo della società dei consumi, che ci isola l'uno con l'altro tagliando i legami di interazione che sono alla base delle dinamiche normali di gruppo, e che fa si che se una donna viene stuprata o un uomo morente chiede aiuto in una piazza affollata, nessuno lo aiuta, è una nuova fase di questo processo denaturalizzante, che allontanandoci sempre più dalle risorse normalmente elargite gratis dalla natura, ci rende psicopatici e meccanici.

La rete internet, originariamente sorta durante la guerra fredda a scopi nettamente meno nobili, è l'ultimo baluardo dell'uomo contro questo nuovo ordine mondiale, non necessità di leader permanenti, permette la diffusione e la verifica dei dati. Rompe attraverso i programmi di traduzione le barriere linguistiche e permette a tutti un identico accesso all'informazione. Tra le altre cose è molto difficile per i potenti controllarla ... possono oscurare i siti, ma non impedire che se ne aprano altri. Persino un mendicante, un parià indiano, con una moneta mendicata per strada può accedere da un internet caffè per un'ora al giorno alla rete, informarsi, fare amicizia con un professore Harvard e fornire informazioni a sua volta.

Credo che "Rete Viva" corrisponda molto bene a quest'ottica. E' inevitabile: date le potenzialità attuali della rete, una volta che i suoi utenti ne prenderanno coscienza e saranno sufficientemente informati sui sistemi che il nuovo ordine mondiale usa per sedare le masse; si assisterà ad una rivoluzione nuova, non violenta, che userà gli stessi canali del sistema per dissolverlo.

Ci sarà l'anarchia? Perchè no! anarchia non è disordine, ne disorganizzazione; anarchia è iperorganizzazione ma fatta in modo orizzontale, non verticistico, con leader temporanei che salgono e scendono in nome del proprio ruolo e personalità, in un'ottica comunitaria.

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