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venerdì 22 gennaio 2010

Il crollo di una civiltà

Seconda pagina - Cronaca


di Simone Stricelli.

Sicuramente di fronte alla sofferenza qualunque individuo dotato di sensibilità si sente chiamato a tendere la propria mano. Nei giorni precedenti alla stesura di questo manoscritto, pensavo alle immagini di sofferenza che giungevano da Haiti. Quando vedo quelle immagini davvero mi sento fortunato e, come tanti hanno fatto, ho contribuito anch'io con il mio sostegno. Piccolo, ma sincero.
Facendo questo gesto avevo in mente l'espressione dei bambini. Questo è il volto vero di un mondo di ingenuità che chiede aiuto con i suoi silenzi.
Il 2010 ha portato un'altra ventata di morte nei volti di chi questa tragedia l'ha vissuta. Questa tragedia non può non toccarci, non deve rimanerci indefferente.
Non basta dire è successa agli altri, perché gli altri siamo noi. È il mio modo di vedere la vita. Purtroppo ho avuto il dono dal cielo di aiutare molti bambini che vivono nelle baraccopoli, alle periferie di grandi città.
Ma è la nostra civiltà che ha creato questa tragedia. La nostra civiltà è più povera da oggi, a causa di un'idea sbagliata di lavoro. Se Haiti ha avuto così tanti morti (un'ecatombe a cielo aperto), ed è solo grazie al triangolo della schiavitù che si è affollata così tanta gente in un piccolo centro.
Ora i nostri aiutano, ma con molti sensi di colpa. Probabilmente siamo noi gli "altri" che sono morti, probabilmente è la civiltà del sempre più ricco e del sempre più povero che ha portato alla luce la sua contraddizione, probabilmente si è visto che il denaro è più importante di qualsiasi luogo e di qualsiasi persona. L'immagine che mi porto dentro, è quella dell'indifferenza di fronte ad un bambino rimasto orfano, al bordo di una strada, con lo sguardo
perso nel vuoto. Nei suoi occhi la morte, la distruzione. Tuttavia ho visto la speranza nel suo sguardo, la voglia che un soccorritore si accorgesse di lui.
Io mi sono accorto di lui e voi? Io sono lui, lui è me.

"Perché gli altri siamo noi, prima o poi".

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