di Trijana Saltaga
La vita è solo una corsa al profitto. Degli altri chiaramente. Non trovo nulla di nobile nel recarsi al posto di lavoro tutte le mattine alle 8 (i più fortunati potranno avere qualche agevolazione), timbrare il cartellino di presenze, mi raccomando, che non sia mai che lo dimentichiate, stare pigiati li dentro per almeno otto ore accademiche, al giorno, i più fortunati si spareranno dieci, o dodici, e non è il dolce oblio di mescalina, ma somiglia piuttosto al ultimo girone dantesco, con gente che non avete scelto. Avreste preferito quel trip o quella meravigliosa tettona che vi propinano tutte le sere alla TV, avreste almeno dove posare i vostri occhi di tanto in tanto, perché per l’appunto vi hanno tolto pure quei meravigliosi calendari svestiti perché sciupano l'immagine rappresentativa, non siamo mica al bordello qua, vi guardano con quel rimprovero come se foste dei poveri bambini scemi appena beccati con le manine nella torta appena sfornata, da tener presente che personalmente la cosa mi imbestialisce, e parlo della torta e non dei calendari, sono una persona democratica io. Ma li avete trovati e al solito le conseguenze sono disastrose, a vostro scapito chiaramente; chissà come mai tutto ciò che troviamo o quasi ci sta così sul cazzo, mentre le nostre scelte sono sempre corrette, ah beato egocentrismo. Producete per qualcun altro, e voi sarete degnamente compensati con le banane quando va bene. In caso contrario vi daranno le briciole che cadono dai loro tavoli signorili adibiti da gran galà, servizio in porcellana superfina, avreste paura solo a guardarlo da quanto fragile sembra (12 posti, tutti scelti con cura), e argenteria lucidata proprio per l’occasione, la padrona di casa a comandare il teatrino di « ah ma sapete che…, ihihi, divorziato, o non lo sapevo, ma poveretto », e lei… « ma si la conoscevate di già », sommessi tra un boccone e l'altro. Gli squisiti ospiti dell'alta società.
Immagino di scattare una foto aerea alle 8 del mattino. E’ facile individuare le zone industriali (se avete mai visitato un campo di concentramento non vedrete nessuna differenza tra i due se non che manca il filo spinato, ma non temete, quel filo spinato ha solo cambiato l’aspetto, una subdola mutazione genetica). I tetti piatti, edifici enormi, casermoni, che si estendono per moltissimi Kmq di superficie, al solito poco umani, punte piante, grigio topo, le prigioni legalizzate, l’odore del cemento e asfalto che si scioglie, che superi l’odore nauseabondo delle persone, questi fiumi di schiavi umani che si muovono verso i cancelli per essere inghiottiti poco dopo dai processi industriali. Si sente il click, clack di tessere, e inizia la giornata che non hai chiesto.
Immagino adesso di accelerare l’immagine d’ingresso, diventa tutto più grottesco, quante risate mi sto facendo, come quei film muti, rigorosamente in bianco e nero dove tutto può succedere. Mi aspetto solo la torta in faccia della quale devo continuare a ridere. Code interminabili di automobili che si muovono a passo di lumaca, lo stesso carico umano solo più incazzato, sorpassi allucinanti per non arrivare tardi e nessuno, ma proprio nessuno, che si ponga la domanda, se stia per mancare all’appuntamento più importante, l’appuntamento con la propria vita, i propri sogni e i propri desideri. Anche questi finiranno in uno dei milioni di campi disseminati ovunque (nessun problema se nel frattempo abbatteremo completamente la foresta amazzonica, serve spazio). E poi cala il silenzio.
Come cazzo siamo finiti in questo gioco perverso? Cosa è che ci hanno promesso? L’Eden? I giardini idilliaci per vivere le cose che vogliamo realmente? Ma quale cazzo di vita? Quali cose? In quale cazzo di tempo posso fare la mia fottuta vita? Mi avete rubato non soltanto la vita ma mi avete lasciato persino senza tempo.
Rientrando a casa siamo troppo sdrenati mentalmente per vivere la vita, il sabato lo riserviamo alla spesa e alla pulizia di casa, ci si pigia nuovamente in quei centri commerciali colorati che promettono, le domeniche ad amici e parenti. E le nostre vite dove cavolo sono andate a finire? Nella spazzatura, tra ingranaggi industriali, la morsa perfetta. Sono riusciti a venderci il sogno di essere finalmente liberi mentre ci mettevano le catene da schiavi galeotti. Il resto del tempo, quello che rimane dopo aver cagato, mangiato e dormito, lo impiegheremo a grattare il fondo del portafogli cercando di vivere. Mi rivedo la scena di rovesciare quell’oggetto e veder cadere i soldi di plastica (premio di conforto), le varie carte di credito che ci propinano per darci l'illusione di avere qualcosa in mano, mentre la realtà è diversa, stiamo soltanto producendo un altro debito che ci rende schiavi anche moralmente. Cadono le ricevute, ma soldi, quelli mai.
20000 anni di evoluzione ci hanno ucciso la coscienza. Nulla è cambiato da quando abbiamo eretto le piramidi. A maggior ragione non abbiamo imparato nulla. Sono cambiati solo gli dei, ma noi, noi no. Schiavi allora come adesso. I burattini del teatro delle ombre. Abbiamo persino condotto le rivoluzioni più sanguinarie per finire in prigione. Signori, bisogna dirla tutta. Ci hanno fottuti.
GAME OVER
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