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venerdì 28 gennaio 2011

Dalla caduta del Sultanato di Arcore ai nuovi orizzonti della sinistra .


di Loris Viari
Chiedo scusa se il blog non porta nuovi post in un momento in cui elementi di discussione ce ne sarebbero a sufficienza da non lasciare la tastiera in pace.
Un sentimento di sgomento e di sincero disagio mi ha colpito più del dovuto.
Scrivere delle storie sulle avventure goderecce, e forse impotenti, del premier non me ne catafotte niente. Sufficiente letteratura la si trova sia sui media ufficiali sia sui blog.
Che il sultanato di Arcore stia per avviarsi al post-Berlusconi è cosa acclarata per i più. Non si sa i danni che potranno essere, ancora, causati al sistema Italia.
Il cavaliere, come alcuni pesci presi all'amo, si agita, trascinando sempre più nel discredito se stesso e soprattutto il paese che dovrebbe rappresentare,
Credo che sarebbe necessaria una class-action nei suoi confronti, per una richiesta danni da parte di chi, in questi anni, ha perso il posto di lavoro, ha perso potere d’acquisto nel salario e, soprattutto, ha perso diritti che erano costati, in certe occasioni, anche il sangue.
Lo sgomento però non mi prende solo pensando al piduista di Arcore.
Leggo delle performance in casa PD, dalle esternazioni del rottamatore Renzi, gradito turista ad Arcore e rottamatore dei diritti dei lavoratori di Mirafiori, rottamatore in realtà dei diritti di tutti i lavoratori, alla stregua di un Fassino o un Chiamparino. Assisto al ritorno di un Veltroni, che tanto ha fatto per distruggere ciò che rimaneva di una tradizione che nella difesa dei più deboli aveva costruito un grande partito e nella “Questione Morale” aveva caratterizzato la sua diversità. Vedo, anzi per essere precisi non vedo, quella che dovrebbe essere una inequivocabile posizione del segretario Bersani (tecnica del passare inosservati).
La gestione delle primarie a Bologna e Napoli non sono, a mio parere, commentabili.
In tutto questo non trovo, in ciò che è rimasto a sinistra, risposte all’altezza del momento politico, capaci di dare rappresentanza a quel blocco sociale che è andato sempre più configurandosi nelle giornate di lotta dei metalmeccanici della FIOM o dei cittadini dell’Aquila o studenti e precari della scuola. Non trovo risposta a quella che è stata la progressiva precarizzazione del lavoro e della vita di milioni di giovani.
Ovviamente non sto parlando di slogan, che hanno lo spazio di una eventuale tornata elettorale, ma di una risposta progettuale in grado di incidere sui bisogni della gente, in grado di incidere sulle nostre abitudini, dando un senso del nostro essere all’interno di un contesto ambientale e lavorativo compatibile.
Credo che la ricerca spasmodica di un leader, dal fiato più o meno lungo, riproponga il modello culturale tipico di ciò da cui affannosamente, forse, ci stiamo liberando.
Credo che i contenuti e i valori sono ciò di cui dobbiamo alimentarci e su cui costruire il progetto.
Durante il fascismo una generazione si sacrificò al di la degli schieramenti, perché sognava e progettava un’Italia repubblicana e democratica, negli anni 60 milioni di lavoratori lottavano per l’affermazione di uno stato sociale e di diritti nel mondo del lavoro, negli anni 70 le lotte per i diritti civili attraversarono tutta la penisola per sancire eguaglianza nei generi nella diversità e per sancire il diritto alla gestione del proprio corpo.
La semplice difesa dei diritti acquisiti non può essere una risposta adeguata. Solo ridisegnando e proponendo un nuovo modello di società, saremo in grado di garantire un futuro a noi, ai nostri figli e all’ambiente che ci circonda.

Loris

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