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sabato 2 aprile 2011

Imbolc


di Maria Papa.

Imbolc è meglio conosciuta come festa di mezzo inverno poiché ne segna il culmine: cade infatti il 1° febbraio, nel punto mediano tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera. Nell’antichità la celebrazione iniziava al tramonto del giorno precedente poiché il calendario celtico faceva iniziare il giorno appunto dal tramonto del Sole.

Le divinità coinvolte sono Brighit e Kernunnos

Birghit viene rappresentata spesso come tre sorelle (fanciulla vergine, madre feconda e vecchia) ovvero le tre manifestazioni e fasi della Natura. Brighit é la potente Dea del cambiamento, la trasformazione, la divinazione, la poesia e tutto quanto ha a che fare con l’ispirazione. Viene raffigurata come un serpente verde. La Dea incarna la Natura che ritorna alla vita, dopo la morte invernale, giovane, rigenerata e pura. In epoca cristiana Brighit è divenuta Santa Brigida.

Kernunnos è la divinità maschile che presiede a questa festa. Divinità antichissima, venerata anche in Italia dalla popolazione Camusa: egli rappresenta il Sole ma anche le forze primordiali della natura che si risvegliano e fecondano la Dea.

Questa festività celebra la luce che si riflette nell’allungamento della durata del giorno e nella speranza per l’arrivo della primavera. In passato era tradizione celebrare la festa accendendo lumini e candele. La luce che nasce al Solstizio di Inverno comincia a manifestarsi proprio in questo periodo: le giornate si allungano poco alla volta e anche se la stagione invernale continua a mantenere la sua gelida morsa, ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando. Le genti antiche erano molto più attente di noi ai mutamenti stagionali, anche per motivi di sopravvivenza. Questo era il più difficile periodo dell’anno poiché le riserve alimentari accumulate per l’inverno cominciavano a scarseggiare. Pertanto i segni che annunciavano il ritorno della primavera erano accolti con uno stato d’animo che oggi, al riparo delle nostre case riscaldate e ben fornite, facciamo fatica ad immaginare.

La parola ‘Imbolc’ pare derivare da Imb-folc, cioè 'grande pioggia’, e in molte località dei paesi celtici questa data è chiamata anche ‘Festa della Pioggia’: ciò può riferirsi ai mutamenti climatici della stagione ma anche all’idea di una lustrazione che purifica dalle impurità invernali

Nell’Europa celtica era onorata Brighit, Dea del triplice fuoco; infatti era la patrona dei fabbri, dei poeti e dei guaritori. Il fuoco della fucina si univa a quello dell’ispirazione artistica e dell’energia guaritrice: la poesia era considerata un’arte sacra che trascendeva la semplice composizione di versi e diventava magia, rito, personificazione della memoria ancestrale delle popolazioni; la capacità di lavorare i metalli era ritenuta anch’essa una professione magica e le figure di fabbri semi-divini si stagliano nelle mitologie non solo europee ma anche extra-europee (l’alchimia medievale fu l’ultima espressione tradizionale di questa concezione sacra della metallurgia); i misteri druidici della guarigione hanno preservato fino ad oggi numerose tradizioni circa le loro qualità guaritrici. Ancora oggi, ai rami degli alberi che sorgono nelle vicinanze, i contadini di quei luoghi appendono strisce di stoffa o nastri a indicare le malattie da cui vogliono essere guariti.

Sacri a Brighit erano la ruota del filatoio, la coppa e lo specchio. Lo specchio è strumento di divinazione, la ruota del filatoio è il centro ruotante del cosmo e anche la ruota che fila i fili delle nostre vite, la coppa è il grembo della Dea da cui tutte le cose nascono.

Si diceva che Brighit avesse il potere di moltiplicare cibi e bevande per
nutrire i poveri, potendo trasformare in birra perfino l’acqua in cui si lavava.

Cristianizzata come Santa Bridget o Bride, le fu consacrato il monastero irlandese di Kildare, dove un fuoco in suo onore era mantenuto perpetuamente acceso da diciannove monache. Ogni suora, a turno, vegliava sul fuoco per un’intera giornata di un ciclo di venti giorni; quando giungeva il turno della diciannovesima suora ella doveva pronunciare la formula rituale “Bridget proteggi il tuo fuoco. Questa è la tua notte”. Il ventesimo giorno si diceva fosse la stessa Bridget a tenere miracolosamente acceso il fuoco. Il numero 19 richiama il ciclo lunare che si ripete identico ogni diciannove anni solari. In questo monastero solo alle donne era concesso di entrare nel recinto dove bruciava il fuoco che veniva tenuto acceso con mantici. Il fuoco bruciò ininterrottamente dal tempo della leggendaria fondazione del santuario, dal VI secolo, fino al regno di Enrico VIII quando la Riforma protestante pose fine a questa devozione più pagana che cattolica.

I riti tradizionali legati a questa festività sono molti. In Scozia, per esempio, la vigilia di Santa Bridget le donne vestono un fascio di spighe di avena con abiti femminili e lo depongono in una cesta, il 'letto di Brid', con a fianco un bastone di forma fallica. Poi gridano tre volte “Brid è venuta, Brid è benvenuta!”, quindi lasciano bruciare torce e candele vicino al letto tutta la notte.
Se la mattina dopo trovano l’impronta del bastone nelle ceneri del focolare, ne traggono un presagio di prosperità per l’anno a venire. Il significato di questa usanza è chiaro: le donne preparano un luogo per accogliere la Dea e invitano allo stesso tempo il potere fecondante maschile a unirsi a lei.

La pianta sacra di Imbolc è il bucaneve: è il primo fiore dell’anno a sbocciare e il suo colore bianco ricorda allo stesso tempo la purezza della Giovane Dea, simbolo di vita e di speranza. Una leggenda racconta che Adamo ed Eva, una volta cacciati dal Paradiso Terrestre, furono trasportati in un luogo gelido, buio e dove era sempre inverno. Eva ben presto fu presa dallo sconforto e dal rimpianto: non accettava l’idea di vivere in quelle condizioni; un angelo, avuta compassione di lei, prese un pugno di fiocchi di neve, vi soffiò e ordinò che si trasformassero in boccioli una volta toccato il suolo. Eva, alla vista dei bucaneve, prese forza e si rianimò.

Ci sono diversi modi per celebrare Imbolc. Fisicamente è opportuno praticare una dieta più leggera, dopo che i banchetti delle feste invernali e la forzata sedentarietà trascorsa al chiuso delle nostre case hanno appesantito il nostro fisico. Possiamo anche decidere di fare una bella pulizia in casa. È utile purificare la nostra casa e il nostro corpo con il fumo dell’incenso. Psicologicamente è il momento di purificare la nostra mente dai cattivi pensieri e dai sentimenti inadeguati con una bella pulizia mentale che ci consenta di fare entrare in noi la luce della Natura rinnovata e di partecipare al risveglio del cosmo dalla lunga notte invernale. Spiritualmente può essere utile la celebrazione di piccoli rituali legati ai simboli della festa.

Qui ne riepilogo 3 di facile esecuzione:

Un rituale molto semplice può essere quello di accendere una candela bianca (colore di purificazione) dicendo “Accendo la fiamma di Brighit per illuminare il cammino della mia vita”.
Si medita per un po’ di tempo sul nostro bisogno di purificazione, sulla necessità di abbandonare cose e aspetti della nostra vita che non ci piacciono più, sulle nuove cose che vogliamo portare nelle nostre esistenze. Poi si porta la candela accesa nelle varie stanze della nostra abitazione, facendo il giro degli ambienti in senso orario (direzione propizia che porta energia). Alla fine si spegne la candela dicendo “Spengo la fiamma di Brighit per farla vivere in me” e si visualizza la luce della candela che entra in noi.

Se si vuole invece compiere qualcosa di più tradizionale, gli uomini possono uscire dopo l’imbrunire della vigilia di Imbolc per andare a raccogliere un dono per Brighit (pietra, conchiglia, penna di uccello) da riportare in casa. Le donne invece possono trascorrere la vigilia di Imbolc pulendo la casa e immaginando di spazzare via le energie morte dell’inverno: la Vecchia dell’Inverno è cacciata fuori dall’uscio di casa con la scopa.
Poi, sempre le donne, con rametti raccolti in precedenza, preparano un letto per Brighit dove depongono una bambola fabbricata con spighe e danno il benvenuto alla Dea accendendo una candela bianca e meditando sulla nuova vita che sta tornando. Anche gli uomini, ritornati in casa con il dono per Brighit, possono accendere una candela bianca e meditare sul ritorno della luce e della buona stagione.

Un rituale invece più complesso, che possono eseguire comunque tutti, consiste nel procurarsi tre candele (sempre di colore bianco) e disporle in un triangolo la cui punta deve essere rivolta a Nord. Nel centro del triangolo così disposto si pone un calice di acqua (simbolo della purificazione) o di latte (simbolo del nutrimento della nuova vita). Ci si muove poi verso la candela a nord, la si accende e si dice “Signora dell’Inverno, ti dico addio, la tua stagione è terminata” e si visualizza il gelido potere dell’inverno che si allontana. Dopo ci si sposta alla candela di sud-est, la si accende e si dice “Signora della Primavera, ti offro un caloroso benvenuto, la terra è il tuo letto”. Si visualizza il gioioso potere della primavera che si avvicina. Infine si va alla candela di sud-ovest, la si accende e si dice “Signora dell’Estate, presto io ti chiamerò e risveglierò il tuo amante”. Si visualizza il potere ancora lontano della bella stagione, desideroso di nascere e pulsante di vita nel sottosuolo. Si va quindi al centro del triangolo, si raccoglie il calice e si dice “Io bevo il potere della Triplice Dea. Possa questo potere diffondersi su tutta la terra per segnare la nascita della primavera”. Bevendo si immagina il potere che fluisce in noi e attraverso di noi per risvegliare la Natura. Si può semplicemente concludere la cerimonia andando verso ogni candela, spegnendole nell’ordine in cui sono state accese e dicendo mentalmente o ad alta voce “Va’ fuoco e caccia l’inverno, riscalda la terra e risveglia la primavera”.

Dunque Imbolc è l’inizio promettente di ogni cosa. In verità continua a fare freddo e il tempo è spesso inclemente, il cielo è saturo di nubi minacciose, di acqua, di neve. Ma chi guarda intorno con lo sguardo acuto riesce a cogliere i primi segni manifesti della ripresa: il primo bucaneve fiorito nel campo di notte, sotto i raggi della Luna, le gemme quasi invisibili. Ogni giorno che passa, la luce ci accompagna un po’ più a lungo.

Nulla sarà come prima se sapremo cogliere i segni della trasformazione, ma per cogliere la differenza bisogna riuscire ad aprirsi.



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