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lunedì 23 maggio 2011

La storia di Mr. Bin

30 anni di terrore e sangue


di Andrea Pili


Il recente omicidio di Osama Bin Laden ha suscitato il giubilo di conservatori ultraoccidentali, come il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, il quale, non curante degli stomaci più deboli, ha pubblicato in prima pagina una bandiera a stelle e strisce. Particolarmente eclatante è stata l’esultanza patriottica dei cittadini americani a Times Square. Qual è il motivo di tanto entusiasmo? Per dirla con il Giornale: “Siamo tutti americani. Osama ci aveva dichiarato guerra e per questo ora brindiamo”. In realtà la questione è più complessa; innanzitutto perché Al Qaeda percepisce se stessa come difensiva, poi perché è fuor di dubbio che il movimento dello sceicco saudita sia stato generato, rafforzato e giustificato proprio dalle ingerenze occidentali nel mondo arabo e islamico.

Il prologo di Al Qaeda ha come scenario l’Afghanistan degli anni ’80. Qui, il 27 dicembre 1979, l’Unione Sovietica penetrò per tenere in piedi il regime comunista instaurato un anno prima, minacciato da conflitti interni, uccidendo l’infido hazibullah Amin – che aveva intensione di rompere l’alleanza con la Russia – per portare al governo il Quisling Barabak Karmal. Il comunismo afghano aveva già fatto 15.000 vittime ed ebbe subito l’avversione generale per via della secolarizzazione forzata di una società fortemente legata alle proprie tradizioni. L’intervento sovietico non solo non riuscì a placare la guerra civile, ma provocò la reazione di notevoli gruppi islamici estremisti esterni al paese. Così, dal mondo arabo giunsero 30.000 volontari attraverso il Pakistan, luogo in cui i gruppi possono addestrarsi sotto l’ombra del governo fondamentalista (ma amico degli Stati Uniti) di Zia Ul-Haq. Gli USA spera di fare impantanare l’URSS in terra afghana, così aiutano i gruppi Mujaheddin: la CIA – tramite elementi pachistani – diede ai combattenti antisovietici ben 300 milioni di dollari; inoltre giunsero alla resistenza afghana armi americane quali 900 Stinger, potentissimi mezzi contraerei.

Osama Bin Laden, giovane ingegnere erede di una famiglia miliardaria saudita, avvicinatosi all’islamismo radicale, nel 1982 si unisce alla guerriglia. Arrivò in Afghanistan non solo come combattente ma – grazie alle sue ingenti risorse economiche – come un importantissimo mecenate dei Mujaheddin; infatti, oltre ad addestrare militanti nell’area di Peshawar, finanzia lo spostamento di questi dal Pakistan all’Afghanistan ed impiega soldi e macchinari per la costruzione di strade e infrastrutture, ma anche rifugi, gallerie e trincee.

L’8 aprile 1988, i sovietici, avendo preso atto dell’impossibilità di venire a capo della situazione, iniziano ad abbandonare Kabul. I jihadisti hanno vinto e Bin Laden grazie ai suoi enormi contributi, diventa un nome rispettato dalla galassia fondamentalista. Osama tiene i contatti di numerosi compagni di lotta: è il primo nucleo di Al Qaeda, in arabo 'la Base'. Presto questo primo gruppo si unirà a quello di Anwar Al-Zawahiri, medico egiziano e avversario di Sadat, detto 'Jihad egiziana'. Nel 1989 Bin Laden ritorna in Arabia Saudita, ma non rinuncia al suo ruolo di padrino della guerra santa; in questi anni Al Quaeda diviene un’organizzazione islamica transnazionale, capace di tenere le fila di numerosi reduci del fronte afghano, pronti a riprendere le armi e applicare su scala più ampia l’esperienza ricevuta.1

Il 2 agosto 1990 l’Iraq di Saddam Hussein occupa il Quwait. Il paese del Golfo Persico ha subito la solidarietà di vari paesi arabi, fra cui l’Arabia Saudita, il cui re Fahd teme l’espansionismo iracheno. Osama offre il proprio sostegno al suo sovrano a patto che egli non si rivolga agli Stati Uniti, infedeli occidentali non dissimili dai russi. Tuttavia, la monarchia Wahhabita già dal 1975 intraprende relazioni amichevoli con gli USA; così, già dall’agosto del ’90 il despota consente l’ingresso di truppe militari straniere sul suolo del paese, per lo più statunitensi, per preparare l’invasione dell’Iraq. Dopo la Guerra del Golfo – terminata il 28 febbraio 1991 – le truppe americane sono autorizzate a rimanere nella penisola arabica, ove stabilizzano diverse basi militari. Per questo motivo Bin Laden rompe con re Fahd; diventato un oppositore, subisce la confisca di tutti i beni ed è costretto a lasciare il proprio paese.

Nel 1991 il capo di Al Qaeda si trasferisce in Sudan. Il paese africano è governato da due anni da Omar Al-Bashir che proprio allora mise in vigore il codice islamico, elaborato dal magistrato e “intellettuale” integralista Hassan At-Turabi2. Nel paese di Khartoum Osama consolida le sue idee fondamentaliste e prosegue le sue opere da magnate, in collaborazione col Governo: costruisce campi di addestramento militare; finanzia l’islamizzazione; fonda aziende agricole; costruisce strade, ponti e aeroporti; inoltre commercia materie come il mais o la gomma arabica. Militanti pakistani e afghani raggiungono il proprio leader in Sudan e da qui saranno inviati a compiere azioni nel nuovo campo di battaglia.

In Somalia infuria la guerra civile; così nel luglio 1992 l’ONU decide di inviare uno schieramento militare al fine di proteggere gli attivisti umanitari. A dicembre lo stesso organismo benedice l’invio di un contingente di 28.150 uomini – monopolizzati dagli Stati Uniti – al fine di assistere le forze delle Nazioni Unite. Il 9 dicembre sbarcano a Mogadiscio le prime truppe, dando inizio all’operazione chiamata Restore Hope. La missione patrocinata dal Cosiglio di Sicurezza si rivela un immenso pasticcio: non solo quella che doveva essere un’operazione internazionale di pace diventa di fatto un’operazione americana, ma il contingente invece di portare la pace e proteggere gli attivisti diventerà parte in causa nella guerra civile, ingaggiando battaglia contro le truppe di Mohamad Farah Hassan detto 'Aidid'.

Al Qaeda sostiene il generale Aidid nelle imboscate contro le forze statunitensi; il paese del corno d’Africa sarà il banco di prova della organizzazione di Osama, che si sente giustificata dall’ennesima aggressione occidentale ad un paese islamico. Il 26 settembre 1993 un elicottero americano viene abbattuto nei pressi della capitale somala, la folla infierisce sui cadaveri dando segno evidente del sostegno popolare alla guerriglia islamica;3 tra il 3 e il 4 ottobre i combattenti qaedisti sfidano gli USA, sostenendo la milizia di Aidid nella decisiva battaglia di Mogadiscio4: muoiono 18 soldati americani e ne vengono feriti 78. Una settimana dopo, le truppe internazionali iniziano a ritirarsi dalla Somalia e a breve gli USA abbandoneranno l’obiettivo di catturare il generale nemico.

È il primo successo di Bin Laden, l’eco del suo movimento è in ascesa tra i fondamentalisti di tutto il mondo islamico. Ora Al Queada può inaugurare la fase del terrorismo 'strictu sensu'. Il 26 febbraio 1993 il seguace qaedista Ramzi Yussef fa esplodere una bomba nei parcheggi sotterranei del World Trade Center, uccidendo 6 persone, provocando 700 feriti.

Al Qaeda acquisisce le tattiche del terrorismo; come tutti i gruppi di questo tipo, le azioni – anche contro civili – sono volte tanto a dimostrare la debolezza dell’avversario quanto ad esasperare i governanti per costringerli a trattare, per realizzare determinati obiettivi. Bin Laden è unito alla famiglia dell’islamismo radicale per quanto concerne il vecchio sogno di restaurare il califfato, ma trova una sua specificità per quanto riguarda lo scopo più realizzabile: il ritiro della presenza statunitense dai luoghi sacri dell’Islam, in particolare dall’Arabia Saudita. Ricordiamo che truppe USA sono stabilite anche in altri importanti paesi come l’Egitto o l’Indonesia. Nel giugno 1995 fallisce un attentato contro il presidente egiziano filo occidentale Mubarak, in visita ad Addis Abeba; il 13 novembre un’autobomba provoca a Riyadh (capitale Saudita) la morte di 5 soldati americani e 2 indiani presso un campo di addestramento della Guardia Nazionale Saudita; sempre nella monarchia assoluta dei Saud, un autocisterna esplode il 25 giugno 1996 uccidendo 19 militari statunitensi e provocando un centinaio di feriti. Bin Laden negherà la paternità dell’attentato di Riyadh, ma i responsabili si diranno influenzati dai suoi scritti.

Omar Bashir, ostracizzato dal FMI (Fondo Monetario Internazionale) e messo nella lista americana dei capi di stato canaglia sostenitori del terrorismo internazionale, cerca di rifarsi una verginità liberandosi di ospiti scomodi; così come nel 1994 aveva consegnato alla Francia il terrorista Carlos, nel 1996 tenta di vendere Bin Laden agli Stati Uniti e all’Arabia Saudita. Questi lo rifiutano, forse in quanto Osama avrebbe potuto rivelare in un processo i rapporti tra questi paesi e la resistenza afghana. Il Sudan espelle Bin Laden; egli trova ospitalità in Afghanistan, forse grazie a Massud ma comunque rispettato dai talebani del Mullà Omar, leader dell’emirato afghano e fautore di leggi teocratiche. Osama si prodiga anche stavolta in finanziamenti e militanti qaedisti possono addestrarsi nel paese ed aiutare i talebani nella guerra civile contro l’Alleanza del Nord.5

Il 23 febbraio 1998, da Kandahar, il leader di Al Qaeda lancia il suo proclama per la nascita del Fronte Islamico Mondiale: ogni islamico ha il compito di uccidere 'ebrei e crociati', anche civili, in ogni parte del globo. Dietro questa coltre fanatica e retrograda c’è la grande intuizione di Bin Laden, che rende il suo gruppo un autentico movimento terrorista del XXI secolo. Grazie alla globalizzazione delle informazioni, all’uso di Internet e altre tecnologie, non è necessario avere rapporti diretti con un capo o con una organizzazione; anche un anonimo, in qualsiasi parte del mondo, può leggere le invettive antioccidentali quaediste ed eseguire attentati per conto del movimento senza essere conosciuti da Osama. Contro il nemico occidentale, si utilizzano gli stessi mezzi che esso ha ideato e diffuso.

Il 7 agosto Al Qaeda ritorna agli albori delle cronache internazionali grazie a due azioni spettacolari: a Nairobi e a Dar-Es-Salaam esplodono delle bombe contro le ambasciate statunitensi; 11 morti e 85 feriti in Tanzania, 215 morti e 4.500 feriti in Kenia. La maggior parte delle vittime è africana, solo una decina gli americani uccisi. Il presidente Clinton decide di scatenare una rappresaglia contro il gruppo fondamentalista, ma si comporterà esattamente come quest’ultimo: da terrorista; infatti gli USA bombardano presunti campi qaedisti in Afghanistan – senza colpire nessun importante membro del movimento – ma soprattutto, senza alcun motivo razionale, rade al suolo una azienda farmaceutica di Kartoum accusata ingiustamente di fabbricare armi chimiche per il terrore. Nel 1999 Clinton minaccia i talebani di ritorsioni nel caso non consegnino Osama Bin Laden; in giugno gli USA impongono sanzioni commerciali contro il governo afghano. Il 5 ottobre 2000 nel mare dello Yemen, i qaedisti abbattono un cacciatorpediniere statunitense uccidendo 17 marinai americani e ferendone 39. Due mesi dopo, le Nazioni Unite votano la risoluzione 1333 che intima il governo di Kabul di consegnare Osama e proibisce ogni accordo militare con esso. Il 9 settembre 2001 il guerrigliero antitalebano Massud viene ucciso ed è probabile la mano qaedista.

L’11 settembre 2001 giunge il più famoso successo di Bin Laden, i cui seguaci hanno mostrato la vulnerabilità degli Stati Uniti, che subiscono un gravissimo attacco sul proprio suolo e nella città simbolo: New York. 19 qaedisti (per lo più sauditi, nessuno afghano) dirottano 4 aerei: 2 si scagliano sulle Torri Gemelle, 1 sul Pentagono, 1 precipita. Alle Twin Towers muoiono 2.974 persone. Il presidente Bush dopo aver chiesto in vano la consegna del capo qaedista, il 7 ottobre decide l’invasione dell’Afghanistan. È in atto un circolo vizioso per cui gli attacchi qaedisti, contro la presenza americana, provocano una nuova invasione americana e ne giustificano ideologicamente un’altra (in Iraq) e gli attacchi americani contro gli atti terroristici finiscono per generare nuovi atti terroristici.

Bin Laden scompare da Kandahar, probabilmente prima è a Tora Bora e poi nel nord del Pakistan; comparirà comunque in dei messaggi video. Negli anni successivi ci saranno altre azioni di terrore nelle città: l’8 maggio 2002 a Karachi (Pakistan) un autobus-bomba uccide 10 francesi impiegati in un’impresa navale del paese transalpino per costruire un sottomarino per contro del governo di Islamabad, muore anche un pakistano; il 12 ottobre, a Bali (Indonesia) sono colpiti due locali notturni frequentati da turisti: 187 morti e 309 feriti, le vittime furono soprattutto australiane; il 17 maggio 2003 a Casablanca una bomba esplode in un ristorante spagnolo uccidendo 41 persone.

Intanto nei primi mesi del 2003 si compie la guerra contro l’Iraq di Saddam; gli Stati Uniti accusano ingiustamente il leader di Tikrit di possedere armi di distruzione di massa e di sostenere il terrorismo fondamentalista. Il tempo farà presto giustizia di tali falsità, mostrando invece gli interessi privati di Bush e compari oltre che quelli colonialisti degli USA in generale, alla ricerca del petrolio.

L’Iraq occupato dagli occidentali diviene una polveriera, per Al Qaeda è un terreno fertile per nuovi arruolamenti e nuovi attentati. Il 19 agosto, a Bagdad, un camion bomba si scaglia contro l’Hotel Canal ospitante il Quartier Generale delle Nazioni Unite; muoiono 22 persone – fra cui il rappresentante speciale ONU per l’Iraq: De Mello – oltre 100 i feriti. L’11 marzo 2004 ci sarà l’ultimo successo di Al Qaeda, culmine della sua potenza anche più dell’11 settembre; a Madrid, nella stazione di Atocha, ci sono 10 esplosioni su 3 treni: 192 morti, 1.427 feriti. Il successo politico qaedista è enorme: il governo conservatore di Aznar, favorevole alla presenza spagnola in Iraq, fino ad allora in testa ai sondaggi e favorito per la rielezione, cade drasticamente di consenso e poco dopo perderà le elezioni contro il socialista Zapatero, il quale ha ritirato gli spagnoli dalla regione mesopotamica.

Forse spinti da questo successo facile, il 7 luglio 2005 seguaci di Osama pongono bombe su 3 treni e 1 autobus di Londra: 52 morti e 700 feriti. Due settimane dopo, il 23 luglio, nella zona turistica di Sharm El Sheikh vengono fatte esplodere delle autobombe che uccidono 90 persone e ne feriscono 200. L’ultimo grande colpo è di tre anni dopo: a Mumbai, centro finanziario dell’India; la dinamica rivela una certa impreparazione, non solo esplosioni ma anche sparatorie per aver cercato di prendere in ostaggio degli inquilini in hotel: complessivamente vi furono 195 morti e 300 feriti. Alla fine del 2009, a Natale, un seguace qaedista nigeriano tenta di fare un attentato contro il volo Amsterdam - Detroit; fallisce e viene arrestato.

La parabola discendente di Al Qaeda si è chiusa con l’assassinio di Bin Laden da parte dei Navy Seals, ad Abotabad nel nord del Pakistan. Come avviene con tutti i gruppi armati, se non raggiungono nell’immediato il proprio obiettivo sono condannati prima o poi a morire sconfitti.

Al Qaeda è stata una reazione impazzita all’espansionismo dell’Occidente, ha avuto un certo sostegno popolare ma non è riuscita ad inserirsi nei grandi sconvolgimenti del mondo politico nord africano dando mostra del proprio declino. Per un bilancio del gruppo di Osama basta un dato del 20096 per cui Al Qaeda avrebbe ucciso più musulmani che non musulmani. La condanna di Osama e i suoi seguaci non può che essere palese; di una cosa però siamo convinti: il gioco è condotto dall’Occidente e finché esso avrà il volto dell’oppressore del mondo arabo-islamico, allora i più grandi pericoli globali si chiameranno Stati Uniti e Israele, non Al Qaeda che morirà ma per essere sostituita da altri gruppi, forse più agguerriti.



1 Egli diverra l’ideologo quaedista ed il braccio destro di Osama.

2 Fondatore del Fronte Nazionale Islamico.

3 Ricordiamo che il 13 giugno 1993 dei soldati pachistani fecero fuoco sui civili somali uccidendo 20 persone.

4 Cfr. il film dedicato alla vicenda “Black Howk Down. Durante la battaglia vennero impiegati anche i Navy Seals, e gli appositi elicotteri Black Howck, che si sono “visti” durante il blitz contro Osama. Un frame del film è stato utilizzato per produrre la seconda foto falsa sulla morte del noto terrorista, (ndr).

5 Altri gruppi mujahidin opposti ai talebani.

6 Ad opera del Center Combatting Terrorism.




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