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venerdì 28 gennaio 2011

Dentro due cappotti


di Giovanni Pili
1
Aveva uno strano senso di gelo al petto, come se al suo posto fosse stato impiantato del ghiaccio. Vagava per la Oxford Street, con le mani nelle tasche della giacca in pelle. La notte i fari posti nelle facciate dei palazzi neoclassici, li accendevano di colori caldi, che davano un senso di magico allo skyline della città. Dall'altra parte della strada, poco prima di entrare nel quartiere di Soho, si poteva mangiare per pochi soldi un po' di quella roba dei cinesi. Non era il massimo, ma non era mai stato nemmeno affollato, ed era il suo luogo ideale proprio per questo; offriva la possibilità di isolarsi.
Erano disposti all'interno, dei lunghi tavoli con lunghe panche, permettendo così di mantenere anche fisicamente le distanze tra persone. Non si era mai fidato delle persone Peter. Una qualsiasi persona di fronte ad una figura di una certa importanza tende sempre a tornare all'infanzia; se nel rapporto di forza è più forte, ti ricorda che la palla è sua, se invece è più debole comincia a lagnarsi. Dopo tanti anni a servire birre e cocktail questo era tutto ciò che Peter aveva imparato sulle persone. Boccone dopo boccone di quegli impronunciabili pezzetti di carne, speziata, cinese; i pensieri vagavano da sé. I benefit dello stato non sarebbero bastati, l'affitto era lì per scadere e non si trovava lavoro.
C'era anche Jenny. Ma respinse quei pensieri, li ricacciò indietro. Era di primaria importanza, visto che non si vive d'aria, trovare un nuovo incompetente, che si lamentasse a prescindere di lui quando c'era poco lavoro, tanto per trovare un motivo per pagarlo di meno, o che gli ricordasse nei periodi di grande abbondanza che il cliente ha sempre ragione, specialmente se non rompe i coglioni a lui. Gli sarebbe piaciuto tanto a Peter vedere certi Punk di Camden Town o certi Hare Krishna di quelli che si vedono a Totthenam, dietro un bancone il week end.
Pagò il conto alla cassa e si incamminò verso la Soho Square, diretto verso qualche locale per sputtanare qualche altro soldo. C'era un nero chiuso in una cabina, avrebbe tanto voluto vedere una cosa di quel tipo nelle cartoline; non la solita cabina rossa scintillante. Avrebbe voluto vederci quella cabina. Lurida e dal pungente odore di piscio. Con un nero al suo interno collassato, con la testa poggiata sul telefono a reggere tutto il corpo stravolto, e in mano la immancabile bottiglia. Manco a farlo a posta nel muro di fronte c'era un cartellone, con Madonna davanti allo sfondo di Westminster che invita tutti a visitare Londra.

2
La Oxford Street è una linea di confine tra la Londra che spende e si indigna, e la Londra che tira a campare, regge tutto il resto della città e la sera vomita tutti i rimorsi e le umiliazioni della giornata in un pittoresco bus notturno a due piani. Il conducente, che le ha viste tutte nella sua carriera, non è Madre Teresa, la sua maggior preoccupazione sarà quella di ripulire quello schifo rossastro che impiastra il pavimento del suo bus, quindi non c'è da stupirsi nel vederlo affrettarsi a prendere a calci nel culo il marcio di turno che ha prodotto quel lago. Quella scena rafforzava ancora di più la misantropia di Peter.
Scese proprio davanti alla statua di Freddy Mercury che sovrastava, alta e fiera tutta la piazza, alla fermata di Totthenam Court Road. Si incamminò verso la Oxford Street; non poteva fare a meno di pensare a Jenny. Tra le altre preoccupazioni il lavoro appena perso, un po' per testardaggine e un po' perché non si poteva sempre dare ragione a chi non la aveva. Prendere a sediate due clienti il sabato sera e scatenare una rissa, come mai si erano viste in un locale chic del West End, difficilmente potrà farti ottenere una promozione. Ma Peter non volle pensarci, preferì pensare a Jenny, a cosa avesse sbagliato. Probabilmente tutto.
Pensò bene di ingurgitare quei pensieri assieme ad un pasto veloce dai cinesi, dall'altra parte della strada. <<>> Pensò tra un boccone e l'altro di quel cibo dal nome impronunciabile. Gli disse che non si sentiva pronta per una storia seria. Come se prima ne avesse avute di importanti: a detta sua il primo amore è stato un ragazzo tutto hip-pop, dalla camminata ciondolante e le mutande sempre in vista, il secondo era un irlandese – curiosamente sobrio – ma di quelli che se ne fregano un po' di tutto, ma a detta sua aveva una certa ragion d'essere dentro le mutande. Forse era proprio quello il problema; non le mutande o il suo contenuto, quanto il menefreghismo che segnava – come una grande Oxford Street mentale – il confine tra le persone di successo e i falliti: lasciarsi passare tutto, da un orecchio all'altro pur di portare a casa il pane.
Pagò il conto e si incamminò in direzione della Soho Square, in cerca di qualche locale dove anestetizzarsi e sputtanare gli ultimi soldi rimasti, prima di cominciare a disperarsi davvero. Per il momento tutte le preoccupazioni erano tenute dentro il petto, dandogli una sensazione di gelo.
Il vento fischiava forte, avanzava curvo con le mani nelle tasche del parka, si fermò per accendersi una sigaretta. Dei poliziotti dall'altra parte della strada bussavano ad una pittoresca cabina rossa, che ospitava il solito barbone collassato; nel muro di fronte un cartellone pubblicitario di Gordon Brown: <<>>.

3
Superata la Soho Square si aprivano diverse vie, c'era una vasta gamma di scelta tra locali in stile gotico, locali per gay, e anche un locale per fricchettoni. Nella sua terrazza i clienti sedevano davanti a degli appositi narghilè dai quali tiravano del tabacco aromatico. Passò di fronte al locale gay; due persone, uno più anziano, peloso con la pelata, ed un giovanotto biondo limonavano appassionatamente. Degli inglesi facevano i cinesi per le strade. Si, portavano con quelle carrozze a pedali i turisti in giro per il quartiere. Peter si chiese divertito cosa fosse più divertente, se vedere un pederasta che limona in strada un ragazzino o quei ragazzi dalle fattezze occidentali lavorare di gran lena come dei cinesi d'altri tempi.
Alla fine trovò il locale dove concedersi il sedativo della serata. Era lì che si dava al primo giro di Cuba Libre quando notò al tavolo di fronte una coppia. Lei si alzò per andare in bagno, era piuttosto giovane e pallida; portava minigonna, stivaletti e una di quelle vesti appena sufficienti a poter dire di non essere nudi. Lui si guardò attorno furtivo, non si accorse di Peter. Versò sul bicchiere di lei qualche goccia di una qualche sostanza.
Prese la sua giacca in pelle e si trasferì in un tavolo più nascosto per poter continuare ad osservare la scena, ordinò un secondo giro di Cuba Libre. Aveva deciso quella sera che avrebbe pensato solo al lavoro e di quanto gli esseri umani fossero stronzi. Ma quella scena gli riportò alla mente Jenny. La ragazza assieme a quel tipo cominciava ad avere chiari segni di smarrimento, era certo ormai che quelle fossero gocce di una qualche droga da stupro. Pensò a come avrebbero proseguito la serata quei due e non provò altro che profondo odio, oltre ad avere un'erezione. Forse era così che bisognava fare, pensò. Alla fine non si ottiene comunque amore, ma almeno avrebbe avuto una promozione interessante da vittima a carnefice in quel mondo di pecore.
Pagò il conto e stette fuori a fumare, li stava aspettando. Mezz'ora dopo la coppia era fuori, li seguì; lei era curva su di lui, non stava bene, lui la portava in mezzo a quel labirinto di vie secondarie che era la Soho nascosta. Sapeva che prima o poi lui si sarebbe accorto di essere inseguito.
Infatti alla fine si fermarono, lui si girò e guardò Peter dritto negli occhi, più nervoso che spaventato.

- Si può sapere che cazzo vuoi? Sei uno sbirro?
- Stavo pensando che magari ti faceva comodo un aiuto.
- Certamente, puoi aiutarmi tantissimo, cambiando strada.
- Lei non capisce già più un cazzo, il piano è ottimo ma non si sa mai. Ho un appartamento non tanto lontano da qui. Domattina lo devo lasciare, mi hanno sfrattato. E' un posto sicuro insomma. Pensaci bene.

Ci pensò tanto. Il tanto giusto per capire che si trovava di fronte ad un suo simile. La caricarono in macchina e si avviarono verso l'appartamento di Peter; si trovava in un palazzo dell'Est End non tanto lontano da Tower Hamlet. A pochi passi dalla Torre di Londra.
Una delle tante possibili droghe da stupro può essere il Rivotril in gocce. Un ansiolitico prodotto dalla casa farmaceutica Roche. Bastano poche gocce assieme all'alcool e si ottiene un effetto psichico che assopisce le emozioni e gli allarmi che ci siamo costruiti nella nostra mente, si vive tutto come in un sogno. Nei sogni non esiste la responsabilità ne alcuna forma di resistenza agli eventi, si è in totale balia del copione scritto dallo stato onirico. Il Rivotril in gocce non ha sapore e dopo non si ricorda più niente, qualcosa magari affiora ma diventa difficile a quel punto fornire un identikit credibile dello stupratore. Per procurarselo basta avere un amico con problemi di insonnia dovuti ad un leggero stato ansioso.
Fu sufficiente loro abbassarsi i pantaloni, prenderla per i capelli e forzarla a mettersi in ginocchio per ottenere tutto il resto. Non gli bastò un pompino così Peter legò le sue mani alla testiera del letto con del nastro isolante, così da poterla sodomizzare a turno. Alla fine Peter estrasse dalla tasca posteriore dei pantaloni il suo coltello, tagliò il nastro adesivo e la portò in bagno. Trovarono molto divertente vederla in difficoltà nel camminare. Un rivolo di sangue le scendeva lungo una coscia. Era molto eccitante, aveva il completo controllo della situazione, ma soprattutto una persona era in suo potere e lui ne disponeva secondo la sua volontà. Aprì la doccia e le ficcò la testa sotto l'acqua gelata in modo da sciacquarle la faccia inzaccherata dai loro orgasmi.
Il misterioso socio di Peter ringraziò dell'ospitalità lasciando sul comodino del letto un biglietto col suo numero di cellulare. Se la portò via, l'avrebbe portata in macchina fino ad una certa zona e l'avrebbe lasciata vagare da sola. Peter si sdraiò nel letto, si sentivano ancora gli odori di quella originale nottata. Dormì profondamente.

4
Superato un locale per gay ed un locale per fricchettoni, Peter poté finalmente adagiarsi al tavolo di un cocktail bar. Si liberò del parka e ordinò un Cuba Libre. Decise di restarsene in un angolino isolato a osservare gli altri esseri umani. Pensava ancora alla sua Jenny; poi il suo sguardo fu attirato da una bionda poco vestita che si avviava ai bagni, si accorse che il suo amico rimasto al tavolo si stava guardando in giro circospetto. Non poté notare Peter, così versò delle gocce di una qualche sostanza nel bicchiere di lei.
Voleva pensare a Jenny, ma quella scena gli sembrò una metafora della sua situazione lavorativa. Uno si rilassa due secondi e lo fottono. Cosa avrebbero fatto gli ex di Jenny al suo posto? Probabilmente avrebbero voltato lo sguardo. <<>> pensò. Si concesse un secondo giro, continuò a spiare la coppia, lei era visibilmente fuori di se. Stava male e la serata per lei non poteva che peggiorare. Era indignato; stranamente ebbe anche un'erezione. Pagò il conto e rimase fuori a fumare. Li stava aspettando.
Alla fine uscirono, lei era appoggiata a lui, ma non per affetto. Decise di fare qualcosa.

- La tua amica sta male. Non credi sia il caso di chiamare un'ambulanza?
- Fatti i cazzi tuoi. La porto a casa.
- Non sembra molto entusiasta di questa idea.
- Prese Peter per il bavero del parka, decisamente innervosito.
- Si può sapere che cazzo vuoi?

Peter si liberò subito della sua presa prendendogli il pollice e piegandoglielo. Lui si trovò subito a terra. Peter estrasse il suo coltello dal taschino interno del parka si chinò verso di lui e glielo puntò al collo. Chi si trovava a passare in quel momento decise di cambiare strada in fretta ed in silenzio.

- Ci penso io a chiamare l'ambulanza, tu invece è meglio che fili via. Ho avuto una giornata di merda passata a prendere a calci in culo gente come te.
Istintivamente alzò le mani, anche nella vana speranza di attirare l'attenzione. Probabilmente di attenzione ce n'era, curiosità più che altro, ma niente di più. Chiamare la polizia quando ti trovi con un locale in cui la metà del personale è in nero non è comunque una buona idea. Che non si vive d'aria era un concetto che solo Peter nel mondo ignorava.
Lui si allontanò in silenzio.

- Come stai? Ti ha drogata mentre eri in bagno, ho visto tutta la scena. Lo conosci?
- Siamo compagni al college.
- Ti chiamo un'ambulanza, non puoi andare in giro così.
- No, sto bene. Vado a casa.
Decise di non insistere e l'accompagnò. Salirono assieme nel bus. Abitava non molto lontano da casa sua, vicino a Tower Hamlet; da lì era possibile intravedere nello skyline la Torre di Londra.

- Prima di andarmene mi dici come ti chiami?
- Martha.
- Piacere, Peter... vedi di cambiare compagnie d'ora in poi.

Le sorrise e se ne sarebbe andato se lei non lo avesse invitato a prendere un the. Era una delle tante case per studenti con cucina in comune. Doveva essere ancora sotto l'effetto della droga, infatti non gli fece nessun the. Si limitò a mettergli una mano in mezzo ai pantaloni. Dopo un pompino nell'ingresso Peter pensò bene che fosse il caso di proseguire nella sua stanza. Fecero sesso, poi lei si addormentò stravolta da quello che aveva bevuto.
L'idea di cosa Martha potesse pensare l'indomani non lo turbò minimamente; pensò che fosse una storia interessante in più da raccontare ai colleghi del prossimo pub in cui sarebbe stato licenziato per l'ennesima volta. La strinse a sé e rifletté sul fatto che per qualche secondo aveva pensato, guidato più dalla sua erezione che dalla coscienza, di partecipare al gioco del suo compagno di college.

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