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mercoledì 8 giugno 2011

Gli affari dell'atomo

Ritorna l'ipotesi nucleare in Italia




Il nucleare ritorna nell'attuale programma di governo. L'accordo siglato con i francesi nel 2009 dall'allora Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola, prevede la fornitura di tecnologie per la realizzazione di centrali nucleari di terza generazione in Italia, per regalarle energia a basso costo e per tagliare i consumi di petrolio. In poche parole, torniamo ai galeoni perché le navi costano troppo. In un paese normale la popolazione sarebbe insorta solo a sentirne parlare. Il governo ha invece concluso l'accordo senza interpellare la volontà popolare che già si era espressa al riguardo nel 1987. Certo, sono passati diversi anni, ma non sarebbe stato più lecito, come si confà in un paese civile, iniziare un percorso di discussione a livello parlamentare? Le alternative di fatto ci sono, ben più convenienti peraltro.

Questo tasto tocca profondamente la Sardegna già colpita dagli episodi delle armi all'uranio. Tocca la Sardegna perché è l'unica regione italiana - poveri noi! - geologicamente stabile, a ridotta densità abitativa e con un buon approvvigionamento idrico. Le zone sono già state individuate; si parla, soprattutto della piana di Santa Giusta, ma anche dei dintorni di Cagliari e della zona di Olbia. É paradossale che in Sardegna si produca più energia di quanta se ne consumi, quindi queste centrali verrebbero impiantate solo per produrre energia destinata all'esportazione. Se ci sono soldi da spendere, perché non lanciare politiche e incentivi destinati alla bioedilizia e alle fonti rinnovabili, riducendo progressivamente l'impiego di combustibili fossili?
Riguardo l'occupazione, i soliti noti farneticano su migliaia di posti di lavoro, che si verrebbero a creare in tali impianti. Semplicemente patetico, perché in seguito all'esito del referendum sul nucleare del 1987, sono sparite dalle università le facoltà che, fino a quel momento, avevano formato i tecnici destinati a far funzionare impianti simili. I lavoratori sardi, se accadesse ciò, sarebbero dei semplici manovali addetti alle mansioni più semplici e magari anche le più insidiose. I tecnici, i dirigenti verranno tutti da fuori, come è giusto che sia, perché provenienti da un logico percorso formativo. Basta ricordarsi, senza andare lontano, della misera fine che sta rimediando la petrolchimica, con le eterne vertenze nei vari poli di PortoVesme e Porto Torres.


Non dimentichiamo inoltre, l'impatto che avrebbero queste strutture sull'ambiente; una centrale nucleare ha un'elevata produzione di scorie, le pile di uranio una volta esaurite, oltre ad avere un costo di stoccaggio elevatissimo, rappresentano con la loro elevata radioattività una bomba ecologica grazie al quale l'inverno nucleare diverrebbe realtà. Inoltre la folta presenza nell'isola di pozzi minerari in disuso rappresenta anche un'ottima possibilità di stoccaggio delle scorie, pile di combustibile che emanano radioattività per periodi tra i 300 e il milione di anni. Solo allora potremo sapere se sono state stoccate correttamente... nel frattempo chissà. Poi per fare le cose per bene, oltre alla centrale ci vorrebbe anche un impianto di riprocessamento, ossia uno stabilimento in cui le pile esaurite vengono incamiciate in fusti metallici e a loro volta chiusi in casseri successivamente colmati di calcestruzzo, in dimensioni standard pronti per lo stoccaggio sotterraneo, a cui si deve arrivare per via stradale. Immaginate un tir carico sulle strade sarde, adatte più alle diligenze che a trasporti simili, basterebbe un gatto che attraversa la strada a provocare un disastro...



Come si spera tra l'altro di ridurre i costi delle bollette attraverso la costruzione di impianti che, tanto per dirne una, saranno già vecchi quando entreranno in servizio? Ad esempio l'unico reattore di terza generazione attualmente esistente, ubicato in Finlandia, venne autorizzato nel 2002, al costo di 3,2 miliardi di euro, attualmente siamo a quota 4,5 miliardi, il cantiere dovrebbe chiudersi nel 2012 salvo ulteriori imprevisti. Senza contare tutte le infrastrutture necessarie alla centrale, linee di comunicazione, elettriche e idriche, e gli enormi costi di stoccaggio di cui abbiamo già parlato. Inoltre l'uranio ha curiosamente visto – complice il cartello operato dalle multinazionali dell'arricchimento – un rialzo delle sue quotazioni. Il costo é passato dai 7 dollari a libbra (1 libbra =0.45 Kg) del 2001 ai 115 del 2010. Coloro che sono contro il nucleare sostengono che tale risorsa si dovrebbe esaurire entro il 2030, ma dall'altro lato il fronte favorevole sostiene che l'uranio sia invece abbondante ma sperso in migliaia di piccoli giacimenti. L'Italia dovrebbe comunque affidarsi alle importazioni con tutto ciò che ne consegue: i costi maggiori graverebbero, oltre che sull'estrazione data la particolare natura del metallo, anche dal complicato processo di arricchimento. Basti pensare che in media in una tonnellata di roccia ci sono tra 1 e 5 grammi di uranio. Una centrale nucleare necessita di 160 tonnellate di uranio all'anno, e parliamo di uranio arricchito, ossia in cui si sia elevato artificialmente il livello dell'isotopo U235. Ed è un procedimento, detto fluorizzazione, già sottoposto a cartello da 7 grandi multinazionali. E non stiamo parlando dell'OPEC. Col processo di arricchimento da 100 kg di uranio metallico si ottengono circa 12 kg di uranio arricchito e quasi 90 di uranio impoverito, che sappiamo già tutti a cosa serve, munizioni anticarro specialmente, efficacissime pur avendo costi irrisori. L'esplosione di questi proiettili crea il cosiddetto particolato di uranio, particelle altamente volatili che possono essere tranquillamente inalate o ingerite. Come se non bastasse tale materiale oltre alla radioattività è anche estremamente tossico, capace di provocare una grossa varietà di tumori, leucemia e malformazioni fetali.

Al tempo stesso in Italia non abbiamo una sufficiente cultura della sicurezza, come potrebbe essere altrimenti in una nazione che vanta cifre record di morti sul lavoro? Il pericolo concreto che su queste strutture possano arrivare i tentacoli dei Balducci e degli Anemone di turno ci farebbe dormire tranquilli? E' utile inoltre, riportare la notizia apparsa sul Fatto Quotidiano il 15 febbraio scorso, quando è venuto a galla un malfunzionamento congenito al circuito primario di raffreddamento nelle centrali francesi. Ciò sarebbe avvenuto in 34 delle 58 centrali d'oltralpe, oggetto di curiose recenti anomalie. All'atto pratico ci si scontra inoltre con il nonsense rappresentato da queste centrali di terza generazione, sicure e pulite. Inizieranno a costruirle nel 2013 ed entreranno in funzione che saranno già obsolete dopo, ottimisticamente, almeno dieci anni di lavori salvo imprevisti. Inoltre queste centrali richiedono enormi quantità d'acqua: in primo luogo per il raffreddamento del reattore e in seguito per lo stoccaggio temporaneo delle pile esaurite. Lo sanno anche i sassi che una contaminazione del ciclo dell'acqua significherebbe la contaminazione dell'intera catena alimentare, la fame quindi...

Una centrale da 1000 MW richiede per funzionare 2500000 Mc di acqua al giorno. Ne abbiamo davvero così tanta? Useremo quella di mare? Non hanno costruito i dissalatori ai tempi della crisi idrica perché costavano troppo, e ora li fanno per dissetare le centrali? Viene solo da farsi una domanda a questo punto: perché ricorrere a tutto questo, quando, specialmente in Sardegna, possediamo il più elevato tasso di irraggiamento solare, e la costante presenza del vento, che, alla luce dell'affaire Carboni, rappresenta un gran business, senza contare inoltre le possibilità offerte dalle centrali idroelettriche o quelle che sfruttano moto ondoso e correnti marine. A conti fatti le opzioni per produrre energia pulita e a basso costo non mancano, ciò che manca agli occhi dei nostri governanti è la ridotta possibilità di speculazione. Pensate solamente ad un elemento, il calcestruzzo; ce ne vogliono migliaia di tonnellate per erigere le centrali, esattamente come per il Ponte sullo Stretto, opera che si sussurra concepita per garantire alla mafia un business adeguato, fiumi di calcestruzzo, appalti da pilotare, rifiuti da gestire, insomma una pacchia per la criminalità organizzata.
In definitiva il 15 Maggio il popolo sardo verrà chiamato al referendum “consultivo” a decidere sul seguente quesito: "Sei contrario all'installazione in Sardegna di centrali nucleari e siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate e preesistenti?"

Ovviamente bisogna votare SI, potrebbe non bastare, è vero, ma chi non lotta ha già perso.
Il popolo italiano dal canto suo dovrà dire la sua il 12 e 13 giugno, riguardo nucleare e acqua pubblica.
Non ci sono più scuse, bisogna andare a votare anche se fosse il giorno di Natale, Capodanno e Pasqua messi insieme...

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